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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 06:56.
L'ultima modifica è del 31 maggio 2011 alle ore 06:39.

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Biagio AgnesBiagio Agnes

Era uno dei crucci di Silvio Berlusconi: «Quando parlava di me con i dirigenti della Rai diceva "chillo addà murì"». Questo era Biagio Agnes, accento avellinese, cuore democristiano e cervello Rai. "Biagione" - morto ieri a Roma a 82 anni - governò Viale Mazzini con pieni poteri per tutta la stagione cruciale degli anni 80, l'era di Ciriaco De Mita di cui era intimo amico e conterranneo dell'Irpinia: uno di Nusco, l'altro di Serino.

E fu affidata proprio ad Agnes - arrivato alla guida della Rai nel 1982, dopo esservi entrato nel 1958 - la difesa della tv pubblica dall'avanzata di quella privata - o "commerciale" come si diceva all'epoca - che Berlusconi poté far crescere a tassi esponenziali in un terreno non regolato, sotto l'ombrello politico di Bettino Craxi.

Era proprio questa la sfida che caratterizzò in qualche modo quegli anni, ultimo scorcio della Prima Repubblica: De Mita-Agnes contro Craxi-Berlusconi, giocata tra scontri aperti e accordi riservati (per la reiterazione del decreto salva-Fininvest fu contrattato un rafforzamento dei poteri del dg Rai) fino alla legge Mammì del 1990 che vide l'uscita dei ministri della sinistra Dc dal Governo Andreotti, con Agnes già fuori da Viale Mazzini. E ieri Berlusconi ha commentato che Agnes «giornalista e manager di alto profilo ha guidato la Rai nei momenti di sviluppo della tv commerciale testimoniando in ogni iniziativa i valori cristiani che hanno guidato la sua azione».

Figlio di un capotreno delle Ferrovie dello Stato e fratello di Mario - a lungo direttore dell'Osservatore Romano sotto Papa Wojtyla - entrò nella professione giornalistica al Corriere dell'Irpinia, ma a trent'anni era già in Rai. Un lavoro sotterraneo negli anni 60 che lo portarono nel 1977 alla carica di direttore per l'informazione radiofonica e televisiva regionale. Un anno dopo curò la sperimentazione della terza rete - che sarà affidata all'opposizione comunista - e a fine 1979 divenne il primo direttore della testata per l'informazione regionale, di cui, fino al 1987, il Tg3 era un inserto.

Nello stesso anno ideò insieme a Luciano Lombardi D'Aquino il celebre magazine medico televisivo Check-up, trasmesso su Raiuno. Da lì il salto alla vice direzione generale e poi alla poltrona più alta dopo l'elezione di De Mita alla segreteria politica di Piazza del Gesù. Ma la sua carriera era destinata a proseguire ai piani alti dentro il complesso sistema delle Partecipazioni statali: già nel '90 divenne presidente della Stet, la potente holding delle telecomuncazioni che rappresentava il cuore ricco dell'Iri.

Anni centrali per i telefoni: all'inizio degli anni 90 fu varato il riassetto delle tlc, atto propedeutico al lungo processo di privatizzazione della Telecom. Che arrivò diversi anni dopo, quando il Governo Prodi estromise Agnes dalla presidenza della Stet ed Ernesto Pascale - un altro boiardo di razza scomparso qualche anno fa - dalla carica di amministratore delegato. Ma la sua esperienza era troppo preziosa, e Cecchi Gori lo cooptò alla presidenza di Tmc, con il progetto - seguito anche da un altro pivot come Pellegrino Capaldo - di far nascere il tanto sospirato terzo polo televisivo. Ma il sogno durò poco e un anno dopo fu estromesso.

Da allora Agnes ha seguito prima il premio Ischia e poi l'Amalfi Coast Media Award e dal 2006 ha diretto la Scuola di giornalismo dell'Università di Salerno. Democristiano fino al midollo, anche dopo la scomparsa della Dc, non prese mai la tessera, ma dentro e fuori la Rai è stato sempre considerato anche dagli avversari come un interlocutore leale. Gli volevano bene tutti, a destra e a sinistra. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ne ha ricordato «la vivacità d'ingegno, l'acuta percezione delle potenzialità, delle criticità della comunicazione di massa, la dedizione al servizio pubblico come garanzia di qualità e obbiettività dell'informazione».

Tra le parole di ieri, spicca una dichiarazione di Adriano Celentano di cui Agnes fu lo scopritore come conduttore. «È stato il più bravo direttore generale della Rai, il più geniale e il più coraggioso e molte tra le cose migliori della Rai sono state ideate da lui, coniugando sempre qualità e crescita culturale del Paese», ha commentato Celentano. «Fu lui a chiedermi di condurre Fantastico in un momento per la Rai molto difficile. Accettai per lui perché capii che potevo fidarmi e che lo avrei avuto sempre accanto, leale, affettuoso, competente ma mai invadente. Lo ricorderò come un caro amico che mi ha insegnato molto».

UNA VITA PER LA TV
Gli inizi della carriera
Biagio Agnes, morto ieri a Roma, era nato a Serino (Avellino) il 25 luglio 1928. Ha iniziato la carriera da giornalista come collaboratore di giornali locali. Nel 1958 è entrato in Rai: redattore a Cagliari, caposervizio al Giornale Radio, condirettore del telegiornale, fondatore e direttore del Tg3, vicedirettore generale della radiofonia.
La direzione della Rai
Dal 1982 al 1990 è stato direttore generale della Rai, tra i più longevi della tv pubblica. Ha affrontato i profondi cambiamenti richiesti dall'avvento della tv commerciale.
Innovazioni e intuizioni
Ha avviato servizi come il Televideo e sperimentato tecnologie quali le trasmissioni via satellite e l'alta definizione. Tra le sue intuizioni il magazine medico Check-up.
Le presidenze Stet e Telemontecarlo
Nel 1990 è diventato presidente della Stet, la holding delle telecomunicazioni, e nel 1997 presidente di Telemontecarlo.

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