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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 08:20.

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«Qui abbiamo tagliato per primi i costi della politica». La Regione Emilia-Romagna mena vanto dei suoi primati. Il numero dei consiglieri, innanzitutto, il più basso in rapporto alla popolazione: solo cinquanta. E poi la sforbiciata ai vitalizi (le pensioni), la riduzione delle indennità del 10% e l'abolizione delle auto blu. Provate però a chiedere la busta paga a un consigliere regionale. Vi sarà opposto un netto ma cortese rifiuto. Nella regione che per decenni si è crogiolata nei suoi indubbi primati, certi argomenti sono tabù. E se ne comprendono le ragioni. Un rappresentante del popolo, eletto all'assemblea regionale, arriva a guadagnare in busta paga oltre 10mila euro netti al mese.

Accanto a uno stipendio base sostanzioso (indennità di carica e di funzione) a far lievitare la retribuzione sono i rimborsi spese: quello forfettario, per gli spostamenti legati all'attività politica, e quello chilometrico, per andare e tornare dai luoghi di residenza. Il primo è fisso e uguale per tutti, 2.277 euro al mese; il secondo è stato aumentato del 25% nel marzo 2011, a 0,81 euro al chilometro, per un massimo di 12 presenze mensili in consiglio. Lo scatto di un taxi costa meno. Più si abita lontano da Bologna, più il rimborso sale. I piacentini e i riminesi fanno il pieno. A Marco Carini del Pd e a Stefano Cavalli della Lega Nord, per esempio, tra il marzo e il maggio 2011 sono stati liquidati per spese di viaggio circa 10mila euro a testa. Gabriele Ferrari, Vladimiro Fiammenghi e Roberto Garbi, tutti del Pd, hanno avuto rimborsato nello stesso periodo da 6 a 7mila euro, così come Fabio Filippi del Pdl e Gabriella Meo di Sel.

I rimborsi di tutti i consiglieri sono da qualche mese di dominio pubblico grazie alla richiesta di accesso agli atti effettuata dal movimento Cinque stelle, i grillini bolognesi, che dal 2010 hanno due rappresentanti in Regione, tra cui Gianni Favia, un ex consigliere comunale che ha dato scandalo autoriducendosi lo stipendio, assieme all'altro collega di partito, a 2.500 euro. Il resto confluisce, al netto delle spese per fronteggiare una mezza dozzina di querele, in un fondo gestito da assemblee di cittadini.

Pure il presidente del Consiglio regionale, il trentasettenne Matteo Richetti, cavalca l'onda dei costi. Il rottamatore del Pd emiliano, fisico da attore ed ex collaboratore da Modena per Il Resto del Carlino, si attribuisce il merito della soppressione del vitalizio, la pensione che scatta anche dopo una sola legislatura. «Ho assunto questo impegno in campagna elettorale. Con la disoccupazione galoppante e le aziende che chiudono, il vitalizio appariva iniquo». L'abolizione varrà però solo a partire dalla prossima legislatura. Per questo mandato tutti i privilegi sono salvi. «C'era il rischio che i consiglieri si rivoltassero contro il provvedimento con un'ondata di ricorsi», spiega. I grillini ribattono che non erano in discussione i diritti acquisiti e che eventuali ricorsi non avrebbero avuto alcun appiglio legale.

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