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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2012 alle ore 08:15.

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La crisi finanziaria, unita a quella dei debiti sovrani e alle tensioni createsi tra i diversi Paesi Ue, rischia di pregiudicare in modo rilevante la competitività globale dell'industria europea. Ancora l'altro ieri, ancora dal Fondo Monetario Internazionale sono arrivati numeri poco incoraggianti. Di fronte all'incertezza di un'altra "acuta" crisi in Europa, la priorità resta quella di una crescita sostenuta e durevole. Di riforme - da fare, subito - per ridare prospettiva al Vecchio Continente. Quest'anno il Pil dell'Europa decrescerà dello 0,5%, quello di Stati Uniti (+1,8%) e Cina (+8,2%) crescerà.

È uno scenario che potrebbe compromettere la stabilità dell'Europa, e dei Paesi che ne fanno parte, ma potrebbe avere conseguenze significative anche sul processo di integrazione e sul ruolo stesso che il nostro Continente ricopre a livello internazionale.
La sostenibilità dei debiti, da affrontare con programmi di aggiustamento, potrà essere raggiunta a condizione che l'Europa ritrovi capacità di crescita. Serve un programma per la ripresa degli investimenti e dello sviluppo in modo da contrastare la crisi finanziaria; servono misure orientate a rafforzare l'economia reale, modernizzare le infrastrutture, migliorare la competitività e incrementare il valore aggiunto del sistema produttivo.
La bassa crescita determina un peggioramento del valore aggiunto reale. Il settore manifatturiero, negli ultimi dieci anni, ha perso peso in quasi tutti i Paesi europei.

La quota di industria nel Pil è caduta mediamente di 7 punti (dal 23% al 16%) in Europa. Tuttavia, è evidente che i Paesi che hanno saputo sostenere il settore industriale stanno reagendo meglio di quelli dove si è avuta una deindustrializzazione. La Polonia è un caso virtuoso. Negli ultimi dieci anni il valore aggiunto industriale è aumentato significativamente, unico Paese in Europa. In Italia, l'alto grado di industrializzazione è stata l'àncora di salvezza. Prima. Ora, sono necessarie riforme strutturali incisive.
Solo se sapremo rafforzare una significativa catena del valore potremo creare nuovi posti di lavoro e favorire la crescita economica.
La Germania può fare scuola: le riforme del mercato del lavoro avviate negli ultimi dieci anni hanno aumentato la competitività nel lungo termine. Stesso vale per la Lituania dove, a seguito della grave crisi economica degli anni 2008-2009, sono state introdotte riforme strutturali che hanno favorito il ritorno a un sano percorso di crescita.

Sono esempi validi. Ma non bastano: quello che oggi è assolutamente necessario è sviluppare programmi di crescita coordinati a livello europeo. È l'unico modo per far sì che tutti i Paesi Ue ne escano vincitori e assicurare un vero rinnovamento all'intera industria europea, indipendentemente dall'eterogeneità dei settori coinvolti, dalle diverse situazioni presenti nei mercati del lavoro e della produzione, e dalla propensione all'innovazione degli Stati.

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