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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 07:28.

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Ce la si può cavare accusando i mercati e gli speculatori, ma a questo mondo non ci sono soltanto gli speculatori: ci sono anche coloro che gestiscono gli enormi fondi pensionistici o assicurativi. Questi responsabili tengono d'occhio tutti i giorni l'evolversi dei mercati. Gli esperti si chiedono che cosa farà l'Uem, e dalle loro risposte si hanno cinque o sei pareri diversi. Come è possibile che in simili circostanze ci sia un'opinione unica, sicura e realistica, che plachi le paure e disinneschi le speculazioni? Le esigenze di una moneta unica - sottolineate in ogni caso dal rapporto preliminare del comitato di esperti (il cosiddetto "Comitato Delors"), adottato nel 1989 - sono state politicamente e tecnicamente ignorate o sottovalutate.
Per essere in grado di reagire in tempo utile e con i mezzi giusti, facendo buon uso della volontà pubblica occorre una delega più ampia della sovranità per coloro che decidono e che eseguono. Ma fino a che punto? E in che misura? E in quali proporzioni, tenuto conto della diversità delle situazioni nazionali e dell'attaccamento ad alcuni diritti acquisiti?

Quali strumenti per la convergenza
È utile ricordare infatti che nell'Uem non esiste un modello socio-economico unico. Anche l'andamento demografico è diverso da Paese a Paese. Se fossi membro della Commissione, potrei emanare leggi generali per la pensione, valide in ogni Paese? Ovviamente no. Con quali istituzioni complementari si può osservare una certa convergenza delle politiche economiche o la regolamentazione necessaria della moneta e del mercato dell'euro? E con quale schema istituzionale, che risulti più semplice, più efficace, più coerente?
Vorrei sintetizzare questo punto che è veramente decisivo. La crisi internazionale non è finita. Neppure la crisi della zona euro è conclusa. E mentre scrivo anche i mercati e la speculazione sono in agguato. Oggi il tasso dei rendimenti in Spagna, i prestiti di Stato, continuano ad aumentare, tanto che il tasso tedesco è notevolmente inferiore. Insomma, non c'è nulla di regolato.
Alcuni continuano a operare le speculazioni che ci assillano. Ma non serve a nulla lanciarci in futili discussioni. Occorre trovare le risposte giuste. A mio parere, le si può trovare in una riflessione a uno stesso tempo istituzionale ed economica su quello che l'Uem potrebbe essere.

C'è un punto che avevo sottovalutato nel rapporto del 1989, come pure nel mio operato di presidente della Commissione. Non avevo tenuto sufficientemente conto di quanto un mercato unico con una moneta unica avrebbe inasprito così tanto le divergenze tra gli Stati membri. E tutto ciò, nonostante l'entità considerevole agli aiuti per la coesione economica e sociale. Si potrebbe dire, in certa qual misura, che è tutta colpa degli Stati in difficoltà. Occorre porre rimedio a questa frattura nello spirito della coesione economica e sociale, ma farlo con i mezzi specifici per i paesi della zona euro, in quanto non si può parlare di competitività, secondo dati identici, per Grecia, Spagna, Germania e così via. Come si può pretendere che Grecia e Spagna adottino il modello tedesco, un modello storico che si basa per altro sulle grandi qualità del popolo tedesco e su alcuni principi fondanti del punto di vista dell'amministrazione e della dinamica economica? Se si vuole continuare a convivere, è indispensabile dar prova di coraggio, a uno stesso tempo istituzionale e amministrativo, dal punto di vista economico, e ammettere che si tratta di un'unione che evolve verso una certa convergenza pur tenendo conto di talune differenze. In altri termini, all'interno dell'Uem si rende necessario uno sforzo particolare di cooperazione e aiuto, nello stesso spirito della coesione sociale ed economica, messa in atto per dar vita al mercato unico.

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