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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2012 alle ore 07:22.

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Il grande interrogativo sull'Eurozona è: si possono immaginare riforme fattibili, e che le consentano di prosperare?
E se sì, quali potrebbero essere? Sappiamo già che così com'è stata progettata l'Eurozona non è all'altezza della situazione, e da qui nascono tutte le improvvisazioni a cui stiamo assistendo. Il progetto originario ha creato squilibri enormi.

Quando i flussi finanziari si sono prosciugati si è messa in moto un'ondata di crisi finanziarie e di bilancio, con un fardello di debito insostenibile. Inoltre, le forze che hanno determinato questi squilibri hanno generato anche divergenze di competitività, e anche queste vanno affrontate, il prima possibile.
Per tutta risposta l'Eurozona ha sviluppato una strategia basata su rigore nei conti pubblici e riforme strutturali. In aggiunta, il Sistema europeo delle Banche centrali, come prestatore di ultima istanza, il Fondo monetario internazionale e i Governi dell'Eurozona, attraverso il temporaneo Fondo europeo di stabilità finanziaria e ben presto il permanente Meccanismo europeo di stabilità, hanno fornito finanziamenti indiretti a economie e Stati sovrani fragili. La proposta di salvataggio delle banche spagnole, da 100 miliardi di dollari, è l'esempio più recente di questa strategia all'opera. Difficilmente sarà anche l'ultimo. Funzionerà questa strategia?

Probabilmente no. Come osservano Mark Cliffe e il suo team della Ing in un rapporto intitolato Roads to Survival (Vie per la sopravvivenza), un buon modo per guardare al problema è vederlo in termini di squilibri esterni e interni lasciati in eredità dall'eccesso di credito transnazionale prima della crisi.
Per ridurre il disavanzo con l'estero c'è bisogno di una contrazione della domanda interna. Se questa contrazione avviene troppo in fretta la disoccupazione cresce, e può crescere enormemente. Nel lungo periodo una disoccupazione alta, favorita da riforme orientate al mercato, dovrebbe determinare un calo dei salari nominali. Ma ci potrebbero volere parecchi anni e nel frattempo la persistente debolezza dell'economia si tradurrebbe in una montagna sempre più alta di debiti privati inesigibili, disavanzi di bilancio elevati, debiti pubblici in aumento, tassi di interesse alti e sistemi finanziari estremamente fragili.

Questa strategia, insomma, non sembra né politicamente fattibile né economicamente praticabile. Ora prendiamo in considerazione le alternative: un'unione federale, con un Governo federale che finanzia la spesa in tutta l'unione, di sicuro è economicamente praticabile. Abbiamo molti esempi in tal senso: gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia, la Svizzera. Ma possiamo dire senza tema di smentita, indipendentemente da quale potrà essere la situazione di qui a un secolo, che la zona euro è lontanissima dal riuscire ad avere un Governo di questo genere.

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