Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2012 alle ore 07:57.

My24

La crescita del Pil della Ue, che dal 2000 al 2007 era stata buona , dal 2008 è in grande frenata con una (doppia) caduta del Pil stesso. L'Ocse prevede il ritorno alla crescita della Uem solo nel 2014 con un modesto 1,3%. A sua volta la disoccupazione, dopo essere scesa quasi al 7% nel 2007, ha ricominciato a crescere ed ora è all'11%. Per l'Ocse nella Uem arriverà al 12% nel 2014.

Questa situazione richiede che la Ue e la Uem rafforzino la capacità di governo senza la quale l'Europa diverrà più piccola e più debole. Bisogna infatti prender atto che fino al 2007 vi era una grande fiducia generalizzata sulla spontanea capacità dei mercati di operare al meglio.
La parola d'ordine era liberalizzare. Adesso sono quasi tutti consapevoli che è necessario il ritorno della politica economica e che la parola d'ordine dovrebbe essere investire.
Purtroppo non va in questa direzione la trattativa tra i 27 Paesi della Ue per l'adozione del Quadro finanziario poliennale (Qfp) 2014-2020, che fissa le macrocifre per le spese e per il loro finanziamento a livello comunitario. Infatti la trattativa, iniziata il 29 giugno 2011 con le proposte della Commissione europea, si è arenata il 23 novembre 2012 nel Consiglio Europeo. Il presidente del Consiglio Van Rompuy ha affermato tuttavia che vi è un grado di potenziale convergenza per un accordo all'inizio del 2013 e che il rinvio è opportuno perché il Qfp 2014-2020 riguarda sette anni cruciali per risanare e far crescere la Ue. Questa conclusione di Van Rompuy, che fonda il suo ottimismo anche sul fatto che nel 2005 ci fu un rinvio nell'approvazione del Qfp 2007-2013,non convince perché, dal 2005 al 2012, l'Europa e il mondo sono molto cambiati e perché la Ue vive una crisi che è istituzionale ed economica ad un tempo.

La Uem, sia pure con difficoltà, sta cercando di reagire (come abbiano spesso argomentato) ma non la Ue come dimostra la vicenda del Qfp. Scontrarsi su un bilancio annuo intorno al l'1% del Pil della Ue stessa con riferimento al periodo 2014-2020, che sarà cruciale per il futuro dell'Europa, significa avere una prospettiva molto limitata, una procedura troppo complessa, una composizione delle spese troppo diversificata.
L'eccesso di complessità della procedura è evidente. La proposta parte dalla Commissione Europea, coinvolge il Parlamento europeo e consigli dei ministri degli Affari generali della Ue nonché vari comitati di esperti. Infine approda al Consiglio dei capi di Stato o di Governo della Ue cui spetta di approvare il regolamento del Qfp che fissa la spesa totale e quella massima annuale nei vari settori d'intervento e gli atti legislativi relativi al finanziamento con risorse proprie (dazi doganali; quota dell'Iva, quota in proporzione del reddito). Questi atti vanno adottati all'unanimità (previa approvazione del Parlamento europeo) per cui ogni Stato ha un potere di veto. Così in 17 mesi di lavoro si è partiti dalla proposta della Commissione per un massimale di 1.091 miliardi sui 7 anni ovvero 155,8 miliardi all'anno che rapportati al Pil della Ue per il 2011 sono l'1,21%. La Gran Bretagna spalleggiata dalla Svezia (due Paesi non euro) ha chiesto una riduzione di 200 miliardi, mentre Van Rompuy puntava su una di 80 miliardi. Schieramenti e interessi sono così complessi che non possiamo considerali qui.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi