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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2012 alle ore 08:55.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2012 alle ore 09:48.

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Con l'apertura del nuovo cantiere dell'unione bancaria, a Bruxelles in questi giorni non solo si è imboccata la strada di una maggiore integrazione in uno dei settori decisivi per un armonico sviluppo europeo ma si è fatto un passo importante verso il traguardo degli Stati Uniti d'Europa, che a mio parere rappresentano la via obbligata per uscire dall'attuale crisi.

L'accordo politico sulla vigilanza bancaria unica, appena approvato, conferma la volontà dei Capi di Stato e di governo di preservare l'Eurozona mettendo in comune una quota importante di sovranità in ambito finanziario.
Il parallelo via libera agli aiuti alla Grecia per evitarne il default rappresenta un'altra conferma della volontà positiva scaturita da un vertice Ue che per il resto ha rinviato le decisioni per rafforzare ulteriormente la governance dell'unione economica e monetaria.
Le riforme già varate nel 2012 ma ancora in fase di attuazione insieme a una serie di importanti scadenze elettorali, in Germania come in Italia, possono spiegare la sopravvenuta pausa di riflessione. Che però non deve far perdere all'Europa il senso dell'urgenza. Perché nell'economia globale nessuno aspetta nessuno. I tempi lunghi europei possono dunque trasformarsi in un grosso svantaggio competitivo.

Se è vero, come preannuncia l'ultimo rapporto americano Global Trend 2030, che tra meno di vent'anni la Cina supererà gli Stati Uniti dopo aver bruciato l'Europa, non ci sono margini per temporeggiare. Se non a nostro rischio e pericolo.
La crisi che sta attraversando l'Eurozona è un fenomeno complesso, la cui soluzione richiede una strategia a 360 gradi. La creazione di una vera unione bancaria è necessaria e urgente: la vigilanza unica ne costituisce un primo elemento che però non è sufficiente.
Non è accettabile che in un'Unione economica e monetaria un'impresa, a parità di qualsiasi altro fattore, sostenga un costo del denaro diverso a seconda che operi in Germania o in Italia. Oggi, per essere chiari, un'azienda tedesca sostiene un costo di gran lunga inferiore a quello pagato da un'omologa azienda italiana per un prestito bancario. Non è solo questione di competitività, che pure conta e molto in questi tempi di recessione. Riguarda prima di tutto il corretto funzionamento del mercato unico e l'assenza, a ormai vent'anni dalla sua costituzione, di condizioni e regole uniformi che permettano a capitali, merci, servizi e persone di circolare in maniera veramente libera.

In questo senso va certamente valutato come positivo l'accordo raggiunto al vertice Ue non solo sul pacchetto legislativo che istituisce la supervisione unica ma anche sull'impegno a chiudere entro giugno 2013 i negoziati in corso sulle proposte di direttive su risanamento e risoluzione delle crisi nel settore bancario e sul sistema di garanzia dei depositi, preliminari alla creazione di schemi unici fondati sulla solidarietà tra Stati membri.

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