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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2013 alle ore 07:25.
A farglielo sapere era stata la stessa Iaaf, che il 4 aprile 2012, tramite il responsabile dell'antidoping Thomas Capedeville, gli aveva trasmesso i risultati di un test a sorpresa di tre giorni prima.
Dopo aver analizzato i valori, il dottor Fischetto aveva risposto così: «Ciao Thomas, assolutamente sicura manipolazione. Ci metto le mani sul fuoco. Dobbiamo seguirlo molto da vicino... Non ci sono dubbi».
«Nel corso delle indagini», scrivono però i sostituti di Bolzano, «non sono emersi elementi dai quali risulta che l'indagato Fischetto abbia segnalato agli organi competenti del Coni la necessità di effettuare controlli ematici e antidoping nei confronti del marciatore, così come obbligo giuridico a lui incombente nella sua qualità di sanitario della Fidal e...della Iaaf».
Si arriva così alla vigilia delle Olimpiadi e il 13 luglio dal settore antidoping della Iaaf vengono trasmessi a Fischetto i pareri di tre esperti che hanno esaminato il passaporto biologico di Schwazer. "Caro Giuseppe", si legge nella mail di accompagnamento. "È altamente improbabile che il profilo sia il risultato di una normale condizione fisiologica o patologica e può essere il risultato dell'uso di una sostanza proibita".
Nella risposta, il dottor Fischetto ribadisce il parere sulla positività al doping di Schwazer affermando di non avere dubbi in proposito. «Ma pur in presenza di tali informazioni avute e del proprio fermo convincimento in merito alla pratica di doping attuata da Schwazer...il dottor Fischetto non risulta essersi occupato della questione», scrivono gli inquirenti. Tant'è che fino al 2 agosto il suo allenatore e i dirigenti federali continuano ad agire nella convinzione che avrebbe gareggiato a Londra. E se non ci fosse stato il test a sorpresa della Wada con tutta probabilità Schwazer avrebbe gareggiato.
Contattato da Il Sole 24 Ore, Thomas Capdevielle non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi a dire che «la Iaaf ha fatto tutto quello che doveva fare».
Il dottor Fischetto ha invece spiegato di aver avuto «alti sospetti» su Schwazer ma non certezze. E ha respinto con fermezza l'accusa di complicità: «lo dimostrano le mie corrispondenze...Lo avrei protetto se avessi messo tutti un allerta, dicendo "alt, guardate". Invece ho deciso di fare controlli sempre più serrati».
Da parte sua, in un comunicato emesso ieri, la Fidal ha annunciato «di aver offerto la massima disponibilità e collaborazione all'autorità giudiziaria e di aver altresì dato mandato all'avv. Giorgio De Arcangelis...di costituirsi parte civile nei confronti di coloro che all'esito delle indagini saranno ritenuti colpevoli».
E veniamo all'allenatore, l'ex marciatore Michele Didoni. I carabinieri hanno scoperto che prima di partire per la Turchia al fine di acquistare l'Epo, come da lui stesso ammesso nella sua pubblica confessione, Schwazer stilò una lista della spesa che include non solo Epo ma ben cinque farmaci proibiti. «Si può ragionevolmente ritenere che i prodotti, in ragione del loro numero e qualità, potessero servire anche ad altri atleti», si legge nel decreto di perquisizione. «Il traffico riferito all'utenza in uso a Schwazer ha permesso di riscontrare sette sms e una conversazione con il proprio allenatore proprio mentre l'atleta si trovava in territorio turco. La qualità e l'intensità dei rapporti tra atleta e allenatore depongono pertanto per una altamente probabile conoscenza di Didoni dell'utilizzo di sostanze dopanti da parte di Schwazer e non escludono neppure l'ipotesi che l'approvvigionamento dell'atleta tramite la doping list turca possa essere stata concordata con lo stesso anche ai fini di un successivo commercio a terze persone».
Parole durissime. Il Sole 24 Ore ha provato a raggiungere Didoni per chiedergli una replica ma non ha mai risposto al cellulare.
Cgatti@ilsole24ore.us
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