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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2014 alle ore 08:42.
L'ultima modifica è del 25 aprile 2014 alle ore 09:45.

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Sapevamo di aver ragione da subito e non abbiamo nemmeno mai vacillato, anteponendo eticamente l'onestà e il rispetto che la scienza e la medicina devono alla dignità dei malati e delle loro famiglie, a qualche comoda e ingannevole predica moralistica sulla compassione, la pietas, l'amore, etc. La richiesta di rinvio a giudizio da parte del procuratore di Torino Raffaele Guariniello dei protagonisti della tragica vicenda nota come "Stamina" è una notizia da qualche tempo già quasi incamerata per questo giornale. Perché era il 26 agosto 2012 quando il supplemento Domenica pubblicava un intervento sul trattamento Stamina, in vista della prima sentenza di un tribunale che avrebbe aperto una via giudiziaria all'inganno.

Chi scrive insieme alla non ancora senatrice a vita Elena Cattaneo spiegavano che una cura o terapia è tale «solo se ci sono prove». E, delle presunte mesenchiamali di Vannoni & Andolina, non solo le prove mancavano, ma sapevamo che non sarebbero mai potute venir fuori. Come non potrà di sicuro accadere che qualcuno scopra che la Terra è collocata al centro del sistema solare, con il Sole e gli altri pianeti che le ruotano intorno. Chi ha creduto anche per un momento che Stamina avesse una sia pur vaga plausibilità di funzionare ragionava, nell'ambito delle conoscenze di medicina rigenerativa, con la stessa solidità logica dei geocentristi, dopo Keplero e Galileo. Anche i politici italiani che si sono lasciati ipnotizzare dal "comunicatore persuasivo" dovrebbero riflettere su questo fatto.

L'ordinanza del direttore generale di Aifa, Luca Pani, che bloccava le infusioni di preparati Stamina presso gli ospedali di Brescia era di circa tre mesi prima, e dopo i primi ricorsi ai tribunali anche il ministero della Salute inviava un'ispezione a Brescia che confermava i riscontri di Aifa. La relazione consegnata intorno alla fine dell'anno disegnava già un quadro raggelante. In qualunque Paese civile, sarebbe stata sufficiente l'ordinanza dell'agenzia regolatoria e i riscontri obiettivi raccolti impeccabilmente dai carabinieri dei Nas, per chiudere la vicenda e limitare i danni. Invece, dopo pochi mesi, sull'onda delle sentenze di giudici che giustificavano i trattamenti con argomenti inverosimili ed estranei alla logica del diritto, dell'autopromozione di artisti e programmi televisivi trash o lacrimosi e delle perverse dinamiche dei social media, Vannoni & Co riuscivano a dettare l'agenda alla politica e alle istituzioni. Contrastati solo da qualche scienziato e intellettuale, che hanno sempre trovato spazio sul supplemento culturale di questo giornale, regolarmente intimiditi con minacce e ironie che in tempi di populismo sono lo stile dell'uomo medio e mediocre. Senza dimenticare il ministro della salute Beatrice Lorenzin, che ha tenuto la schiena dritta di fronte alle volgari e insidiose accuse di Vannoni e di genitori accecati da insane emozioni, resistendo probabilmente a non pochi cinici strattonamenti politici e giochi di potere.

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