Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2014 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 13 dicembre 2014 alle ore 11:50.

My24
Dal 24 febbraio 2014 Pier Carlo Padoan è ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo RenziDal 24 febbraio 2014 Pier Carlo Padoan è ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi

L'intervista nasce da un incontro con il ministro Pier Carlo Padoan presso la casa editrice Laterza con la webzine europea Eutopia Magazine, promossa da Laterza con altri editori europei, Telecom, la London School of Economics, SciencePO e il Wissenschaft Zentrum, a cui hanno partecipato: Giuseppe Recchi, Salvatore Rossi, Luigi Gubitosi, Enzo Cipolletta, Stefano Micossi, Marcello Messori, Sandro Sattanino, Eric Jozsef, Giuseppe Laterza e Alessandro Laterza. L'intervista in lingua inglese è sul sito di Eutopia Magazine.

Eutopia: La Francia ha deciso di non rispettare il vincolo del 3%. I cittadini italiani si chiedono se anche l'Italia dovrebbe non rispettare questo vincolo.

Pier Carlo Padoan: Credo che i cittadini non si chiedano tanto perché si deve rispettare il 3% o meno. Io credo che i cittadini europei si chiedano come mai ci sono decine di milioni di disoccupati? Come mai l'Europa, e soprattutto la zona Euro, ancora non è uscita dalla crisi più grande del dopoguerra? Come mai in Italia siamo al terzo anno di recessione? L'Europa è comunque qualcosa che aiuta a risolvere questi problemi o aiuta a peggiorarli? Questa è secondo me la domanda che si fanno i cittadini europei. Il 3% è una domanda accessoria.
Un modo per rispondere è quello di fare una comparazione: la crisi che è cominciata nel 2007 non è ancora finita, almeno non del tutto, però ci sono alcuni Paesi dove il percorso per uscire dalla crisi è più avanti, come negli Stati Uniti. Ci sono moltissime ragioni. Una possibile descrizione è la seguente: quando è scoppiata la crisi finanziaria negli Stati Uniti si è detto “E' una crisi finanziaria, per uscire dalla crisi occorre aggiustare la finanza.” Questo ha un costo per il bilancio pubblico, un costo necessario perché se la finanza non funziona la politica economica non è efficace. Gli Stati Uniti oggi crescono più dell'Europa, creano sicuramente più posti di lavoro dell'Europa, anche se ci sono moltissime differenze tra i Paesi.
In Europa è andata in modo molto diverso. Il ragionamento che è stato fatto è il seguente: la crisi ha prodotto un forte indebolimento dei bilanci pubblici, perché sono stati usati per rispondere alla crisi. Quindi un primo passo per uscire dalla crisi è quello di rimettere anzitutto a posto i bilanci pubblici, poi penseremo a mettere a posto la finanza. L'Europa ha messo a posto i bilanci pubblici, ma inevitabilmente questo ha frenato la crescita (un bilancio che si restringe ha un effetto negativo più o meno intenso sulla crescita). Poi ha pensato a rimettere a posto la finanza, con molte difficoltà, ma anche con dei progressi, ad esempio ha completato l'unione bancaria, che fra poco entrerà a pieno regime.
L' Europa si è posta il problema del risanamento dei bilanci pubblici, perché ha un sistema di regole che serve esattamente a questo; ha costruito strumenti europei per aggiustare la finanza e costruire l'unione bancaria, ha fatto enormi sforzi di costruzione di regole comuni, di cessione di sovranità nella gestione del sistema finanziario che va al di là della gestione monetaria nella zona dell'Euro.
Una cosa l'Europa, però, non ha fatto e ancora non sta facendo: avviare una politica dell'occupazione e della crescita, temi che sono rimasti oggetto di politiche nazionali. A loro volta le politiche nazionali per l'occupazione e per la crescita sono inevitabilmente dominate dalle politiche di bilancio, che invece sono fortemente coordinate dalle regole e dalle politiche finanziarie. La costruzione dell'unione bancaria, nella fase iniziale, ha inevitabilmente comportato un effetto di freno alla crescita, se non altro perché le banche si sono affrettate ad aumentare il loro capitale, per poter essere più solide dopo la crisi. Questo ragionamento serve per arrivare alla domanda che secondo me si pongono i cittadini europei: perché l'Europa non fa qualcosa per l'occupazione che non c'è e per la crescita che non c'è? L'Europa non lo fa perché non ha ancora riflettuto seriamente su cosa si può e si deve fare, al di là di quello che gli inglesi chiamano “lip service”.
E' molto complicato costruire una politica per la crescita e per l'occupazione comune in Europa, perché inevitabilmente ciò richiede maggiore integrazione politica. Anche perché parte della politica dell'occupazione ha a che fare con il sistema del welfare e il messaggio forte che emerge da questa crisi, dalla quale non siamo ancora usciti, è che bisogna introdurre nel dibattito la questione dell'integrazione politica. Non si può avere una politica di bilancio che non sia basata su una cessione di sovranità di quel tipo di politiche; quindi un elemento di natura squisitamente politica. Non si può avere una efficace politica di crescita che si basi su riforme strutturali (il sostegno agli investimenti privati e agli investimenti pubblici, la gestione del debito) se non si fanno passi avanti verso un'unione politica. Questa è la vera questione. Dovremmo dire esplicitamente ai cittadini europei che o si va in quella direzione oppure ci troveremo di fronte a un bivio. Alla domanda “Cosa fa l'Europa per il mio lavoro?”, i cittadini europei potrebbero rispondere “niente, anzi l'Europa è un ostacolo nel trovare lavoro”, e quindi decidano di passare da una situazione in cui il malcontento espresso con il voto nei confronti dell'Europa è crescente a una situazione in cui ci sia un numero crescente di governi antieuropei in Europa.

Eutopia: La Germania ha un livello di disoccupazione al 5%, è perfettamente stabile, ha un bilancio in equilibrio. Dunque perché dovrebbe cambiare la sua politica economica?

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi