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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2010 alle ore 12:55.
Il crollo della domus dei gladiatori vi ha sconvolto? Ritenete indegno che nel sito archeologico all'aperto più rappresentativo del Paese che vanta il maggior numero di beni patrimonio dell'umanità accadano episodi simili? Vi scandalizza anche solo l'idea che sciagure analoghe possano ripetersi? E allora sentite qui: «Già un anno fa Pompei rischiò di essere estromessa dalla lista dei beni patrimonio dell'umanità, perché dopo 12 anni ancora mancava il piano di gestione dell'area».
Parole pesanti, soprattutto se si considera che a pronunciarle è l'archeologo algerino Mounir Bouchenaki, direttore generale di Iccrom, costola dell'Unesco che si occupa di conservazione e recupero del patrimonio delle Nazioni unite. Un «retroscena» che condisce alla perfezione un contesto già concitato dopo il crollo della villa avvenuto lo scorso 6 novembre, con gli stessi ispettori Unesco impegnati, tra meno di dieci giorni, in un monitoraggio dell'area archeologica campana e Pompei che quasi sicuramente entrerà a far parte della «lista rossa» dei beni a rischio.
Direttore Bouchenaki, è vero che Pompei un anno fa rischiava di venire estromessa dalla lista dei beni patrimonio dell'umanità?
Altro che. E il fatto curioso è che tutto ciò stava per accadere per motivi apparentemente banali. L'area archeologica vesuviana venne insignita del riconoscimento dell'Unesco nel '97. Da allora nessuno, in soprintendenza, si era preso la briga di redigere un piano di gestione dell'area. Per noi è fondamentale che ogni bene tutelato ne abbia uno: chi amministra un sito deve avere ben chiaro, almeno sulla carta, le direttive secondo le quali intende gestirlo.
Incredibile, se consideriamo l'importanza del sito. Com'è finita?
Dopo innumerevoli solleciti, il piano ci è arrivato mentre a Pompei era in carica il commissario straordinario del governo. Se non altro l'area archeologica vesuviana si risparmiò il mare di polemiche che avrebbe fatto seguito alla notizia dell'esclusione.
Una magra consolazione, alla luce di quello che è accaduto poche settimane fa. Perché nessuno aveva ancora compilato il piano di gestione?
Dalle mie parti si dice: «Troppi cuochi rovinano la minestra». Le competenze su Pompei sono state per almeno dieci anni spezzettate tra soprintendente e city manager. Era poco chiaro dove finissero i poteri dell'uno e cominciassero quelli dell'altro. Qualsiasi decisione, anche la più banale, doveva allora passare attraverso lunghi processi di mediazione. Inevitabile che, sulle questioni più importanti, si stesse fermi. Inevitabile ma, al tempo stesso, imperdonabile.