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L'Italia del vino perde un pezzo: Ruffino (Folonari) finisce all'americana Constellation Brands

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 00:37.

C'è aria bigia attorno alla Ruffino che da quest'anno non è più in mano italiana. Infatti il gruppo americano Constellation Brands ora ne detiene la totale proprietà. Il ramo della famiglia Folonari - storica proprietaria dell'azienda - aveva già ceduto anni fa il 49, 9% al colosso quotato alla borsa di New York tenendosi il 51,1%. Nel contratto di vendita però era contemplata una clausola: entro il 2010 i Folonari avrebbero avuto il diritto di "rimettere" al colosso americano la propria quota, al prezzo stabilito originariamente, che era piuttosto alto. E i Folonari avrebbero di fatto deciso di cedere totalmente agli americani la storica azienda fondata a Pontassieve dai propri avi.

Quindi, Constellation sarebbe oggi a tutti gli effetti unica proprietaria di Ruffino. Il condizionale deriva dal fatto che, in realtà, Constellation non si è dimostrata proprio entusiasta dell'affare e ha avviato un procedimento contro i Folonari «relativo a vari argomenti che dovrebbero incidere sulla validità dell'opzione put». In discussione ci sono dunque le condizioni di acquisto, ma il passaggio agli americani è ormai avvenuto. A malincuore, dato che, come è risaputo, il gigante a stelle e strisce sta cercando di sbarazzarsi di molte attività vinicole non considerate più "core".

In particolare, Constellation aveva messo in evidenza che il valore di Ruffino negli ultimi due anni era precipitato e – ad esempio - nel bilancio del gruppo era scritta una perdita di 25.4 milioni di dollari riferita alla società italiana nei tre mesi fino al 30 novembre 2009.

Cantine italiana vendute e riprese: i precedenti
È un caso un po' controcorrente, quello della Ruffino. In realtà il mondo del vino italiano ha assistito negli ultimi anni piuttosto a fenomeni di "ritorni in Patria". Ne citiamo due eccellenti. Il caso del marchio Bolla, passato dalla famiglia veronese al gruppo statunitense Brown Forman e infine riportato in Italia dal gruppo italiano vini, alla fine del 2008. Il gruppo americano aveva già ceduto lo storico stabilimento di Pedemonte al Giv nel 2006. L'accordo tra le due aziende prevedeva che Brown Forman rimanesse proprietaria del brand "Bolla" e della distribuzione dei suoi prodotti in tutti i mercati esteri, lasciando però la distribuzione nel mercato italiano alla società italiana. Nel 2008 Brown Forman decise di dedicare le sue energie principalmente al mercato dei superalcolici e di cedere, quindi, anche il marchio Bolla.

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Infine, fece rumore un altro "rimpatrio", quello della Tenuta dell'Ornellaia, fondata da Lodovico Antinori, il quale l'aveva ceduta all'americana Mondavi che la acquistò a metà con la famiglia Frescobaldi (con cui si spartiva anche l'azienda montalcinese Luce della Vite). Dopo l'uscita della Mondavi dal mondo del vino nel 2005, i toscani rilevarono la totalità della bella tenuta di Bolgheri.

Parrebbe quindi che le aziende vitivinicole italiane non siano molto appetite dagli investitori esteri, forse per i limitati margini di guadagno oltreché, in generale, per la scarsa propensione della viticoltura al mondo della finanza, avido di risultati nel breve termine, mentre il vino, si sa, segue i ritmi lenti della natura. La lentezza gestionale e dell'adattamento al mercato, insieme agli oneri burocratici tipici del nostro paese, sono di fatto il problema del vino italiano.

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