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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 18:08.

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Cento passi per la legalitàCento passi per la legalità

Il generico rispetto delle regole tuttavia non mi piace, perché rischia di essere una parola vuota. Per affermare una nuova stagione bisogna partire dalle scuole, ma non solo: penso al ruolo che nelle aree di disgregazione sociale del Sud hanno le parrocchie e la Chiesa, alle associazioni della società civile che spesso sostituiscono uno stato assente. Un segno positivo è che cresce la domanda, nelle università e nelle scuole, di una formazione alla legalità, bussola di una nuova coscienza civica. Il problema però è che nelle aree degradate socialmente l'unica istituzione è la scuola pubblica, che oggi vive un momento di drammatica crisi di risorse. Abbiamo anche bisogno di condividere la repubblica, perché è un insieme di principi, valori e diritti che danno forma allo stato. E occorre far percepire quest'ultimo non come la controparte distante dai propri bisogni, ma il punto di garanzia per creare pari opportunità per l'accesso al proprio futuro.
Francesco Forgione, in passato deputato e presidente della Commissione parlamentare antimafia, è tra l'altro autore di ‘Ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo (Baldini Castoldi Dalai, 2008).

LUIGI ALBERTO CANNAVALE. Gli aspetti positivi del rispetto delle regole si imparano nei primi anni di vita. Da bambino ho avuto la fortuna di avere alle elementari un maestro, oggi ultranovantenne, che per noi era un riferimento unico.
L'educazione alle regole dipende da pochi fattori e, a mio avviso, si realizza soprattutto se proviene da una fonte autorevole che rispetta le regole lei per prima. Se un bambino ha un padre o una madre non autorevoli, non rispetterà quello che gli dicono. La stessa cosa vale per un organo di governo.
Quando funziona, l'apparato giudiziario è uno dei primi baluardi della legalità. Mi capita però spesso, in udienza, di immedesimarmi con il pubblico che viene a seguire il processo e mi viene lo sconforto pensando a come appare la macchina della giustizia; la prima cosa che si nota è l'enorme dilazione dei tempi, il rinvio dei processi, l'impedimento dell'avvocato, i documenti che mancano... A volte le regole stesse si trasformano in un escamotage per poter evitare la sanzione. Come Associazione nazionale magistrati abbiamo promosso le "Giornate della legalità" in cui andiamo nelle scuole, ma io sono convinto che sia soprattutto in famiglia che si insegna il senso della legalità. L'azione della magistratura di per sé difficilmente è un'azione educativa in senso stretto: infatti è un organo che non ha funzioni preventive ma repressive. Il magistrato interviene solo dopo che è stata violata la regola, magari più di una volta.

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