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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 15:42.
Non è servito il movente politico a giustificare l'Orso d'oro e la quantità di premi assegnati a Nader And Simin, A Separation del regista iraniano Asghar Farhadi. Il film se l'è meritato per il suo valore artistico e la giuria, presieduta da Isabella Rossellini, ha dimostrato di aver destinato con oculatezza tutti i riconoscimenti. Certo, la vittoria di un film iraniano e la sedia vuota di Jafar Panahi, giurato virtuale, hanno confermato la vocazione politica e sperimentale della rassegna tedesca, che porta avanti le giuste cause e preferisce il cinema d'autore e di ricerca a quello di cassetta.
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Proprio a ragione di quest'ultima considerazione il Gran premio della giuria è andato a The turin horse di Béla Tarr. Il regista ungherese inizia la sua storia con il celebre abbraccio in una piazza torinese fra Friedrich Nietzsche e un cavallo stremato dal suo cocchiere. La scena poteva essere il pretesto ideale per cominciare a raccontare la decadenza del filosofo tedesco, che da quel giorno si racchiuse nel mutismo e nell'apatia. Invece Tarr sposta la telecamera con sorpresa e decisione sulle esistenze del cavallo, del cocchiere, che lo aveva sferzato, e della figlia del cocchiere. Parla della loro vita triste, faticosa e poverissima, che la telecamera segue nella lentezza di tutti i particolari. Come a volersi ribellare alla storia scritta solo da grandi eventi e personaggi di calibro, come a voler impuntarsi a sottolineare l'importanza degli ultimi, con i loro sacrifici e le loro piccolezze.
La rassegna tedesca ha avuto il coraggio di premiare con l'Orso d'argento per la regia anche un film tutt'altro che terzomondista, come The Sleeping Sickness di Ulrich Köhler, che denuncia l'assistenzialismo di cui l'Africa è malata. Lo fa provocatoriamente dalla parte di un bianco, un medico che fa il volontario in Camerun, stanco della corruzione, delle armi, della maniera infantile e ingorda di gestire i fondi che vengono dall'Occidente. La lo fa nella maniera in cui un uomo profondamente innamorato cerca di salvare l'oggetto della sua passione da una dipendenza, che fa marcire bellezza e potenzialità, fino a cadere lui stesso in una crisi esiziale. Un film che è quasi un puzzle, in cui si riesce a intravedere la faccia, in questo caso bianca e nera, di una medaglia finemente arabescata, con un finale misterioso e la sigla da thriller che lascia spiazzati gli spettatori, immersi oramai in un clima africano.