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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 13:55.

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La mia esperienza, e quindi la mia visione della biblioteconomia, è profondamente influenzata da un'ottica americana. Detto questo, nella nostra realtà globalizzata credo che la biblioteconomia, con la sua storia, i suoi valori e la dedizione alla conoscenza che la caratterizzano, crea un legame che travalica i confini. Me ne sono reso conto chiaramente durante gli eventi avvenuti a gennaio: la Primavera Araba e le sommosse in Egitto.

All'inizio del 2011, in seguito al successo della rivoluzione in Tunisia, gli Egiziani scesero in strada per chiedere riforme a un regime governativo che era stato al potere per quasi 30 anni. Mentre gran parte dell'attenzione dei media era concentrata sui manifestanti che occupavano Tahrir Square nella capitale egiziana del Cairo, diverse proteste stavano levandosi nella città costiera di Alessandria. Qui, come al Cairo, persone di ogni età e provenienti da ogni ceto sociale si erano sollevate per pretendere libertà, giustizia ed eguaglianza sociale. In un tentativo di ripristinare la costituzione, quella che a prima vista era sembrata una protesta pacifica si concluse con la morte di 846 persone e di 6000 feriti in tutto l'Egitto. Il 28 gennaio, alle ore 18, dopo che le prigioni furono aperte e assassini e stupratori vennero rilasciati per le strade, tutte le forze di sicurezza si ritirarono. Bande di saccheggiatori si riversarono per le strade, approfittando del caos.

Nella città portuale egiziana, la violenza e i saccheggi devastarono i palazzi governativi. Dove un tempo c'erano gli uffici, rimanevano solo macerie. I manifestanti andavano da un palazzo governativo all'altro allo scopo di abbattere i simboli diretti del potere corrotto. Alcuni saccheggiatori e dimostranti si diressero poi verso la Biblioteca di Alessandria. Il presidente Mubarak, il bersaglio principale della rivolta, nel 2002 aveva inaugurato questa moderna biblioteca costata circa 220 milioni di dollari. L'aveva costruita per "ricatturare lo spirito di apertura ed erudizione dell'originale", la famosa Biblioteca di Alessandria, una delle meraviglie dell'antichità.

Quando divenne chiaro che la biblioteca avrebbe potuto essere in pericolo, i manifestanti si presero per mano e circondarono la biblioteca di Alessandria – non per attaccarla, o saccheggiarla, ma per proteggerla. Per tutta la durata delle proteste e delle razzie, i manifestanti – donne, uomini e bambini – rimasero saldi a proteggere la biblioteca, come a riprenderne possesso in nome del popolo. Quando la rivolta poté dirsi conclusa – il presidente Mubarak aveva dato le dimissioni, e i manifestanti festeggiavano la loro vittoria per tutto il paese – non un singolo vetro della biblioteca era stato rotto, non una sola pietra era stata lanciata contro le sua mura. Perché nel mezzo di una rivolta per l'abbattimento di un regime la gente di una nazione ha protetto la biblioteca?

Perché?
Perché questa storia, sebbene non in maniera così drammatica, si sta ripetendo dal Regno Unito agli USA? Quando alcune città statunitensi, di fronte a una devastante crisi economica, ipotizzarono di chiudere diverse biblioteche, i cittadini scesero in piazza. I dimostranti irruppero nei municipi e nei consigli comunali. Ci furono manifestazioni, e a Filadelfia il consiglio comunale arrivò al punto di fare causa al Sindaco per evitare la chiusura delle biblioteche di quartiere.

In Kenya stanno costruendo biblioteche pubbliche in tutto il paese, nelle aree rurali come nelle città. Dove le comunità sono troppo distanti perché vengano eretti degli edifici, hanno costruito carri per i libri – 5000 libri in un carretto di legno trainato da asini. In aree ancora più remote nel nord del paese, vengono caricate sul dorso dei cammelli casse e tende. Nei villaggi, i carri vengono aperti, e vengono montate le tende per consentire ai bambini e ai genitori di venire a studiare. In questi villaggi, i cammelli sono qualcosa di più che animali da zoo: costituiscono il principale mezzo di trasporto e di lavoro, forniscono latte, carne e persino i loro escrementi vengono essiccati per alimentare le stufe e le cucine. Ora questo animale fondamentale fornisce un ulteriore servizio vitale – portare la conoscenza alle persone.

Nelle campagne lungo la costa colombiana, Luis Soriano sprona i suoi due asini, Alfa e Beto. Sulla schiena degli asini ci sono dei libri. Luis Soriano, di mestiere maestro elementare, porta un cartello con su scritto "Biblioburro". Porta libri ai piccoli villaggi e diffonde l'istruzione per tutto il paese presso bambini che hanno visto troppa violenza e conflitti per la loro età. Ha iniziato con 70 libri. Grazie a varie donazioni la sua collezione è cresciuta oltre i 4800 volumi, e ben al di là delle forze dei suoi amici quadrupedi. Adesso la sua collezione è ospitata in una stanza che è diventata una succursale ufficiale della biblioteca comunale di Santa Maria, a circa 180 chilometri di distanza.

Troviamo biblioteche nei più bei castelli d'Europa, e fra le proteste di Occupy Wall Street negli Stati Uniti. Le biblioteche vengono accolte allo stesso modo dall'élite e dalla gente comune. Troviamo biblioteche nelle giungle e nei deserti; nelle scuole e nelle aziende, nei governi e persino fra le mura del Vaticano affacciate su Roma.

Sembrerebbe che le biblioteche siano universali. Allora come si spiega che con l'avvento del digitale e delle reti ci sono così tante persone che mettono in dubbio il bisogno di biblioteche? Come mai in questa era di "social media" e partecipazione, così tanti nella professione si sentono minacciati? E' arrivata per le biblioteche l'ora di cedere il passo? Vi devo dire che siamo noi, i bibliotecari, a essere in gran parte responsabili della situazione in cui ci troviamo. Oggi vorrei discutere di due ragioni per le quali io credo che siano stati i bibliotecari stessi a mettere in crisi il campo della biblioteconomia. Una ragione è legata a un nostro fallimento; l'altra invece a un grande successo al quale noi stessi abbiamo contribuito. Eppure entrambe significano la fine delle biblioteche come le conosciamo oggi.

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