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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 13:55.

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L'anno scorso ho avuto la fortuna di visitare le città medievali della Toscana e dell'Austria. Un tempo tutte queste erano città-stato, e la loro architettura era simile dappertutto. Quando furono costruite, erano tutte cinte da mura. Erano state costruite in un'epoca in cui, per conservare la propria identità in quanto comunità, c'era bisogno di costruire spessi muri per tenere fuori gli invasori. Città dopo città, fortezza dopo fortezza, tutte miravano a essere autosufficienti e inespugnabili. Oggi tutte queste città che ho visitato sono ancora lì, e hanno tutte mantenuto la loro identità. Eppure le mura sono state abbattute, o le porte allargate. Con il tempo, queste città hanno capito che la strada verso la prosperità stava negli scambi. Stava nel costante flusso di commercio e di cultura dentro, fuori e attraverso la città. Man mano che questi scambi crescevano, la difesa principale non era più garantita dalle mura, ma da un reciproco interesse. Nessuno voleva aggredire un potenziale alleato commerciale. La difesa non stava nell'isolamento, ma nelle relazioni. Roma, Firenze e Salisburgo oggi sono grandi città. Crescono e prosperano grazie agli scambi, al turismo e alla ricerca. Prosperano perché hanno abbattuto le loro mura.

Ora, guardate alle vostre biblioteche. Quanto sono spessi i vostri muri? Magari non sono fatti di pietra e calce, ma di pratiche e regolamenti. Quanto è benvenuta la comunità dentro le vostre fortezze? Quanto siete interconnessi con le comunità circostanti? La nuda verità, è che con l'avanzamento della tecnologia abbiamo bisogno di sempre meno spazio per fare il nostro lavoro. Dobbiamo cedere questo spazio alla comunità per lo scambio di idee. È solo entrando in contatto con il nostro pubblico, le nostre facoltà, le nostre compagnie, le nostre chiese, e il nostro governo, che noi diventiamo più essenziali. Se volete un futuro migliore per le vostre biblioteche, non lo troverete nei vostri scaffali. Solo spalancando porte e finestre e invitando il mondo a entrare in biblioteca possiamo garantire un posto per la nostra professione.

In tutto il mondo vediamo i bibliotecari uscire dalla biblioteca. I bibliotecari vanno dove ci sono le conversazioni, vanno nei posti in cui c'è bisogno di loro. I bibliotecari siedono nelle riunioni d'affari. I bibliotecari girano insieme ai medici e siedono nei team legali nei tribunali. Come negli esempi con cui ho iniziato il mio intervento, i bibliotecari usano cammelli e asini per venire incontro ai bisogni delle loro comunità, là dove la comunità ha bisogno di loro. Nelle università, i bibliotecari vanno al di là delle loro mura monitorando i feed di Twitter provenienti dalle lezioni allo scopo di offrire reference immediato. I bibliotecari pubblicano collezioni di immagini su Flickr per coinvolgere le comunità e arricchire le collezioni con storie e ricordi. I bibliotecari si fanno vedere, di persona e online, là dove c'è bisogno di loro; non stanno ad aspettare che qualcuno venga a trovarli. Così facendo dimostrano il loro valore, e acquistano maggiore supporto dalla comunità. Diventano anche una potenziale minaccia per il valore a lungo termine dell'istituzione.

All'università di Syracuse, NY, addestriamo i bibliotecari a supportare l'eScience. I bibliotecari partecipano ai laboratori e ai team di ricerca per aiutarli a organizzare i dati scientifici e coordinare la comunicazione fra i ricercatori. Non riusciamo a prepararne abbastanza per queso scopo. Questi "eScience librarians" vengono assunti altrove, di solito prima della laurea. Non vengono assunti dalle biblioteche, ma da istituti di ricerca universitari. E molti di questi istituti si trovano all'interno di università che hanno biblioteche. Vedremo mai il giorno in cui questa sarà la norma anziché l'eccezione? Quando le preziose competenze dei bibliotecari saranno assorbite dall'industria, e le istituzioni che i bibliotecari hanno gestito nel corso dei secoli semplicemente spariranno? Non faccio fatica a immaginarlo. Non credo nemmeno che sia una cosa negativa.

Se, invece, per voi lo è; se vedete l'istituzione come qualcosa di importante, allora dovete aggiungere valore. Siete in grado di creare, all'interno della biblioteca, un servizio di eScience che gestisca queste competenze per i laboratori? Siete in grado di aggiungere valore coordinando i bibliotecari "itineranti"? Siete in grado di fornire costante e continuo aggiornamento ai professionisti bibliotecari indipendentemente da dove si trovino? Se non è così – se vedete la missione della vostra biblioteca semplicemente nell'essere pronti ad assistere coloro che entrano in biblioteca – allora, secondo me, vi aspetta un futuro molto più arduo.

Sì, la biblioteca di oggi è spacciata. Possiamo piangerla, o possiamo festeggiare il fatto che ci ha preparati per il domani. Se uscite da qui, alla fine di questo mio intervento, credendo che io non dia valore alla catalogazione, ai libri, o agli edifici, non sono stato abbastanza chiaro. Tutte queste cose hanno avuto valore in quanto ci hanno portati fino a oggi. Tuttavia, il loro valore passato non deve dettare il loro valore futuro. Dobbiamo mettere costantemente in discussione ciò che facciamo, non per cercare colpe e difetti, ma per testarne la robustezza. Se un servizio aggiunge valore, lo manteniamo. Se non lo fa, celebriamo il suo passato e andiamo avanti. La missione, e i nostri valori, perdurano; gli strumenti e le attività che impieghiamo per compiere questa missione cambiano con il tempo.

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