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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 13:55.

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La strada verso questa nuova biblioteconomia consiste nell'alzare le aspettative. Torniamo per un attimo alle storie con cui ho iniziato. Ad Alessandria, in Kenya e in Colombia troviamo persone eccezionali. Il potere della biblioteca non sta nell'architettura o nelle collezioni. Nessun abitante del Kenya ha trovato una qualche grandiosa ispirazione sul dorso di un cammello o di un asino. Il potere stava nell'idea e nel bibliotecario che venivano incontro. Ad Alessandria, in Kenya e in Colombia i bibliotecari non restavano indietro ad aspettare un'occasione per essere d'aiuto, ma individuavano i problemi e cercavano attivamente un modo per risolverli. I bibliotecari non vedevano se stessi come neutrali fonitori dell'informazione, ma come agenti di cambiamento sociale.

Diversi anni fa ho scritto un pezzo sulla biblioteca come conversazione. Alcuni di voi forse lo conoscono: era un lavoro con cui tentavo di spiegare l'esplosione dei social media e il loro potenziale impatto nel campo della biblioteconomia. In quel pezzo ho scritto che le persone stavano usando i social network per creare spazi di apprendimento. Che le nostre comunità cercavano di piegare i sistemi che usavano allo scopo di creare e acquisire conoscenza. Da allora ho approfondito queste idee e ho lavorato con le biblioteche e altre organizzazioni per testarle. Quello che è venuto fuori è una nuova biblioteconomia basata non sugli artefatti, i libri e l'architettura, ma sull'apprendimento e la conversazione.

C'è un assunto non dichiarato al cuore di questo discorso: che tu non sia un utente, o un consumatore. Tu sei una persona che vuole imparare; hai il controllo dell'ambiente circostante, e hai la capacità di modificarlo. Coloro che voi cercate di servire, che io chiamo "i nostri membri", ma voi potete anche chiamare il vostro pubblico, non sono solo utenti o consumatori, sono parte della vostra biblioteca, e ne rappresentano il nucleo.

Corinne Hill, la direttrice della Dallas Public Library parlava di come stava riorganizzando le sue biblioteche "dispondendo gli spazi collabortivi al centro, e i libri lungo le pareti, come opere d'arte". Qualcuno negli USA può leggere queste dichiarazioni come riduttive, come se si volesse minimizzare il potere dei libri a mero elemento decorativo; ma qui a Roma sappiamo tutti che l'arte è molto di più che un elemento decorativo. L'arte serve a ispirare, a educare, a provocare, a dare corpo alla cultura e alla storia. I libri nelle nostre biblioteche, le risorse elettroniche, le pagine web, i fondi antichi e rari, non sono lì per stare semplicemente chiusi in casseforti protette, bensì per ispirare, educare e provocare conversazioni e apprendimento. I vostri libri, i vostri edifici e i vostri servizi non valgono nulla se non vengono utilizzati. Non solo: il semplice uso non basta. Non valgono niente se non aiutano le comunità ad apprendere, e a compiere decisioni migliori. Il valore dei vostri manoscritti non risiede nelle pagine e nell'inchiostro, ma nella lettura, nell'applicazione e nell'immaginazione dei vostri membri.

Al cuore di questa nuova biblioteconomia c'è anche la riaffermazione di quella che io vedo come una missione molto antica e duratura. La missione dei bibliotecari consiste nel migliorare la società facilitando la creazione della conoscenza presso le loro comunità. Vorrei inoltre far notare un paio di cose su questa missione. La prima è che la missione è dei bibliotecari – delle persone – voi. Le biblioteche come istituzioni sono il prodotto di persone e professionisti. Non sono altro che astrazioni incapaci di fare alcunché di concreto, o edifici con il solo potere di esercitare la gravità e riparare dalla pioggia. È il bibliotecario che rende possibili queste cose. In questi tempi di digitalizzazioni di massa e networking, voi siete la sola, unica risorsa in ascesa all'interno della biblioteca. Questo significa che siete voi ad avere la responsabilità decisiva dell'impatto della biblioteca.

Quando la Chiesa controllava le biblioteche in Italia, erano delle persone a decidere cosa andava pubblicato e cosa era da considerare eresia, non gli edifici. Quando il fascismo si affermò qui, e nel resto del mondo, erano delle persone a censurare le collezioni e a tentare di limitare il pensiero, non gli edifici. Le persone contano – voi contate. Questo significa anche che dovete assumervi la responsabiltà di questo potere, dell'impatto e del futuro della vostra biblioteca. Nessun edificio può garantire la libertà o l'accesso all'informazione. Nessun edificio può proteggere la privacy dei membri della comunità. Nessun edificio o libro o manoscritto può dedicare se stesso al miglioramento dell'individuo o della società. Questo è il vostro lavoro. Questo è il vostro lavoro a Roma, a Firenze, in Italia, in Europa, in tutto il mondo. Questa è la missione dei bibliotecari – ispirare e informare al fine di migliorare le proprie comunità.

All'inizio del mio intervento ho parlato delle persone che nel Regno Unito o in USA si sono mobilitate contro la chiusura delle biblioteche. Quello che non ho detto è che ci sono comunque molte biblioteche che sono state chiuse. Ci sono biblioteche che hanno chiuso i battenti senza che si levasse un alito di protesta. Perché? Perché i bibliotecari di queste comunità erano incapaci di connettersi ai loro membri e a dimostrare il loro valore. Un edificio non basta, una collezione non basta, un titolo professionale non basta. Se le biblioteche avranno un futuro radioso, deve essere perché i bibliotecari hanno una visione coerente di quel futuro, e sono capaci di coinvolgere le loro comunità con l'importanza di quella visione.

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