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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2012 alle ore 08:31.

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L'elemento forse più preoccupante è che il governo ha fatto pochissimo per garantire una transizione improntata alla giustizia e alla riconciliazione, un tema di cui non si è quasi parlato nel dibattito politico che ha preceduto le elezioni. Migliaia di presunti gheddafiani e di innocenti, sia libici sia di altri Paesi, sono ancora detenuti in prigioni controllate non dal governo, ma da milizie o gruppi di vigilantes locali. Molti dei componenti di queste milizie sembrano interessati più a regolare conti personali che a impartire giustizia. Una grave macchia per il nuovo governo è rappresentata dalle deportazioni e dai soprusi ai danni degli abitanti di Tawargha (cittadina vicino a Misurata), accusati di aver commesso atrocità per conto del regime.

Ma analizzando con più attenzione i risultati ottenuti dalla Libia emerge un quadro più positivo. Il fatto che il Consiglio nazionale di transizione sia riuscito a organizzare elezioni nazionali e che ad agosto abbia trasferito i suoi poteri al Parlamento eletto è un segnale che la Libia ha cominciato a costruire istituzioni politiche reali. Le elezioni forse non sono state perfette sotto ogni aspetto (nell'Est del Paese ci sono stati casi di distruzione delle urne), ma gli osservatori locali e internazionali (27mila circa) nella larga maggioranza dei casi hanno espresso un giudizio positivo. Il voto promette di rafforzare la fiducia dei cittadini nei leader attuali, garantendo al nuovo governo quella legittimazione popolare che al regime precedente mancava.

Con lentezza ma costanza, la Libia sta diventando un Paese più integrato, con un governo in grado di agire efficacemente. Le autorità centrali hanno esteso il loro potere, a spese delle milizie che ancora contendono loro il controllo del territorio. Tutte le scuole sono state riaperte. Il commercio al dettaglio è fiorente: dopo mesi di inattività, il suq di Tripoli è di nuovo pieno di venditori fino a tarda sera. Il governo ha cominciato a riorganizzare l'apparato burocratico. I tribunali iniziano a funzionare in modo più autonomo: a giugno, la Corte suprema ha annullato un'importante legge approvata dal Cnt, che sembrava finalizzata a mettere il bavaglio alla libertà di espressione.

Spuntano centinaia di nuove organizzazioni della società civile e organi di informazione. Dopo 42 anni in cui nessuno concedeva loro la possibilità di esprimersi, ora i libici rivendicano, ed esercitano, il loro diritto a organizzarsi e far sentire la propria voce.
Ma la cosa forse più importante è il fatto che i libici ora sembrano accomunati dalla convinzione che il loro Paese è libero e indivisibile, nonostante i dissidi interni. Anche se i fautori del federalismo in Cirenaica continuano a spingere per una maggiore autonomia e altri gruppi chiedono la concessione di privilegi speciali, non sembra che ci siano rischi di una divisione del Paese. Il movimento federalista cirenaico, ora coagulato in un partito politico, ha attirato pochi consensi e si sta frammentando.

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