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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2014 alle ore 08:57.

Dario
«Si ma si presenta sempre di profilo così non si nota».
Attrice 1
«Per favore, ti sembra il momento di far dello spirito... neanche Santo oltretutto! Ah, poi viene il mio turno. Decidi con l'aiuto di mio fratello Cesare, tuo degno figlio, che ti posso servire per coinvolgere nel vostro progetto il duca di Milano, che normalmente ti impedisce di muoverti come ti pare. Scegli un suo nipote, anche lui figlio illegittimo, guarda caso del signore di Pesaro, altro Sforza, e me lo acconci per marito, senza neanche chiedermi, dopo avermelo presentato (nota bene, io ho 13 anni) senza neanche venirmi a chiedere se un uomo che ha il doppio della mia età mi possa interessare. Ti sei comportato con più delicatezza quando nelle scuderie papali mi hai mostrato un puledro di razza e hai aggiunto: «Questo è il meglio fra i cento cavalli del papa. Prima provalo, e poi se non t'aggrada e hai adocchiato un altro che ti dà più piacere cavalcare fai tu, gli infili la cavezza, lo fai strigliare come conviene e te lo porti a casa». Ma tornando all'altro puledro, il giovane Sforza, anche quello mi inviti a portarlo a casa. Io mi ci adatto, non è l'uomo che sognavo per la mia vita, ma prima di tutto si innamora di me, e poi con lui scopro per la prima volta cosa significhi venir considerata un essere umano e non solo una pedina da giocare sullo scacchiere dei tuoi affari».
Dario
«Brava! Devo ammettere che tu dimostri di conoscermi meglio di quanto io conosca me stesso. Quindi non sto a cercare nella retorica e nella commozione una difesa a ciò che ho combinato, per come ho condotto e sto conducendo la mia storia. Ma ti giuro che farò di tutto per uscire da questo labirinto dove mi trovo a sbattere qua e là, spesso, credimi, disperato al punto di pensare seriamente ad abbandonare tutto».
Attrice 1
«Ma non mi dire, padre. Quando dici abbandonare tutto pensi ad abdicare, o meglio dimetterti e ritirarti a tua volta in un convento? Padre, mi dispiace di non essere nello stato d'animo adatto ad emettere una serie di risate fastose. AHAHAHA (ridacchia)».
Dario
«Va bene, ho capito. Oggi per me non è giornata, ma spero che soprattutto tu abbia scelto di rimanertene fra queste mura, per meditare e tentare di comprendere e perdonare la follia che ci ha presi e trascinati tutti fuori di senno e pietà, anche per noi stessi».
Quindi, con un'uscita di scena degna di un ipocrites del teatro greco, il papa se ne va mostrando lacrime che scendono a rigargli il volto.
Applauso per favore.
Il libro
Nel Paese dei paradossi tocca al maestro dell'illusion comique «ricercare la verità», smascherando ogni «intento deformante, soprattutto dal punto di vista storico»: con il piglio dello studioso e la verve del giullare, il Premio Nobel Dario Fo riaffabula l'incredibile storia di Lucrezia Borgia, troppo spesso bistratta o gratuitamente etichettata come donna diabolica e incestuosa. La figlia del Papa (da cui è stata tratta la sceneggiatura che pubblichiamo in questa pagina) è una biografia godibile come uno romanzo, scrupolosa come un saggio: l'autore intende smontare ogni cliché sulla maliarda aristocratica, figlia illegittima di Alessandro VI, tre volte moglie con un amante letterato (Pietro Bembo) e un pargolo bastardo. Il luminoso Rinascimento non poteva che proiettare ombre lunghe: intrighi, omicidi, orge, specie alla corte della più potente e blasonata famiglia dell'epoca, con qualche ammiccante richiamo all'attualità. «La vittima da immolare è Lucrezia. È lei che viene buttata tanto dal padre che dal fratello nel gorgo degli interessi finanziari e politici, senza un briciolo di pietà. Di cosa ne pensi la dolce figliola non ci si preoccupa assolutamente. Del resto è una femmina». Già presentato in forma di spettacolo all'Università Bicocca di Milano (le prossime date saranno segnalate su Dariofo.it), il libro è pure seducente canovaccio, perché quella dei Borgia è una «commedia grottesca, pur senza maschere».
Dario Fo, La figlia del Papa, Chiarelettere, pagg. 208, € 13,90
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