Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2010 alle ore 15:20.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 09:19.
Le immagini della towship di Mbare sono emblematiche. Rimandano a una situazione più generale: la crisi che ha colpito da anni quello che sembrava lo Stato più promettente dell'Africa Australe. I caseggiati, nel contesto delle periferie urbane del continente nero, mostrano in effetti tracce di un'infrastruttura solida e funzionante. Negli appartamenti, ad esempio vi sono servizi sanitari, tubature, impianti elettrici.
Lo Zimbabwe che ha preceduto di quasi 15 anni il Sudafrica nell'emancipazione dei neri (le prime elezioni libere si tennero nel 1980 dopo un lunga guerra che pose fine al dominio bianco) aveva in effetti saputo conquistarsi una certa ammirazione per una gestione razionale, oculata e un efficienza sorprendente, tenuto conto del difficile contesto storico. Merito anche di Robert Mugabe che da guerrigliero radicale aveva saputo, una volta al potere, indossare gli abiti del politico pragmatico. Il presidente ha però seguito la traiettoria di molti leader africani, per troppo tempo nelle stanze del potere. Prima si è trasformato in autocrate e negli ultimi 10 anni ha condotto il paese alla rovina. La guerra nella Repubblica Democratica del Congo alla fine degli anni 90 e le catastrofiche espropriazioni dei latifondi dei farmer bianchi hanno sprofondato lo Zimbabwe in una crisi micidiale. Ancora fresca nel paese la memoria dei biglietti da 50 miliardi di zimdollars che due anni fa non consentivano neanche più di comperare il giornale. Gli errori, l'ostinazione, la cecità di un potere aggrappato ai propri privilegi, hanno così portato a un mutamento del paesaggio economico e sociale leggibile ovunque. Nei caseggiati ci sono sì le tubature, ma l'acqua non scorre più.
C'è si l'elettricità, ma solo per qualche ora al giorno. E di vetri alle finestre ne rimangono pochi: le industrie sono in ginocchio, i pezzi di ricambio inesistenti o, quando devono essere importati, troppo cari. Così la vecchia, solida infrastruttura del paese appare obsoleta. L'introduzione del dollaro americano e del rand sudafricano, oltre alla cooptazione nel governo, lo scorso anno, delle forze di opposizione ( alle quali comunque Mugabe aveva sottratto la vittoria elettorale) ha ridato un po' di ossigeno al paese. Che ha ritrovato una certa normalità. Anche perché, altro retaggio di un passato da non sottovalutare, il sistema scolastico - educativo, nei primi due decenni dell'era Mugabe, aveva una certa robustezza. Il lavoratore dello Zimbabwe è mediamente più istruito e preparato ad esempio di quello del Sudafrica. Ma il degrado ha fatto sì che per molti il sogno è semplicemente quello di fuggire all'estero. Si stima che 1/4 dei cittadini dello Zimbabawe viva oggi in altri paesi, in particolare nel vicino Sudafrica. Ricostruire lo Zimbabwe sarà arduo ma non impossibile, proprio in virtù di un passato che aveva suscitato grandi speranze. Tra i numerosi ostacoli vi è comunque lui, l'autocrate che non vuole andarsene. E sono in molti a sperare che l'anagrafe faccia quanto non è riuscita a fare la politica: un giorno o l'altro Robert Mugabe dovrà bene o male andarsene.