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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 10:06.
Giorgio Napolitano chiede chiarimenti al governo sulla manovra correttiva. Prima di firmare il decreto legge il Presidente della Repubblica vuole che il governo valuti una serie di osservazioni su alcuni aspetti che riguardano la sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento. La risposta dell'esecutivo è stata veloce e già questa sera il testo «corretto» è stato inviato al Colle dopo l'esame dei rilievi e delle sollecitazioni giunti da Napolitano il quale nel prendere atto degli intendimenti manifestati di dare seguito alle indicazioni da lui prospettate, dopo una »rapida verifica« del testo, già nella mattinata di domani firmerà il Dl.
Il governo, si è dunque mosso con grande rapidità, assicurando che le osservazioni saranno recepite, e così, la tabella di marcia immaginata dall'esecutivo non subirà rallentamenti e il decreto verrà emanato già domattina, pronto per la Gazzetta Ufficiale, e anche per dare il segnale ai mercati e all'Europa.
Una domenica dunque di fitte consultazioni no stop tra Palazzo Chigi e il Quirinale: a fare da ambasciatore per l'Esecutivo, come d'abitudine, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta (che ha tenuto un filo diretto anche con Berlusconi in Sardegna) nell'ambito di un dialogo, si sottolinea, sereno e normale fra Istituzioni.
Tra le misure che avrebbero incontrato i maggiori dubbi del Colle, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, vi sarebbero i tagli eccessivi ai comitati per le celebrazioni e agli enti culturali, che avrebbero lasciato perplesso il Presidente della Repubblica in quanto garante dell'Unità nazionale. Napolitano infatti, sempre secondo quanto riferiscono le medesime fonti, avrebbe richiamato l'attenzione del governo su alcune tematiche particolarmente rilevanti che investono la sua responsabilità costituzionale.
E proprio i tagli al mondo della cultura diventano motivo di scontro all'interno della squadra di governo con il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi che accusa il collega Giulio Tremonti di averlo »esautorato« e annuncia di essere pronto a rivedere la 'black-list' . Che alcuni dei 232 enti vadano cancellati, spiega infatti il coordinatore del Pdl, non vi è dubbio ma altri, in modo altrettanto evidente, rappresentano delle eccellenze e vanno salvati. L'ira del ministro viene condivisa, oltre che dai diretti interessati, anche da un fronte trasversale agli schieramenti, che va da esponenti di governo alle opposizioni, passando per i finiani. »È una vergogna«, afferma il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi commentando il rischio ghigliottina per la fondazione in memoria del padre. Si tratta, prende posizione la fondazione vicina a Gianfranco Fini «Farefuturo», di «tagli indiscriminati e ingiusti». Di fronte ai quali o Bondi trova un rimedio o si dimette, attaccano Pd e Idv. Un fatto è certo, commenta il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: «il governo è nel marasma, fuori da ogni regola e da ogni logica».