Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 20:24.
Mentre i governi europei fanno quasi a gara nel mettere in campo manovre di correzione dei conti pubblici tagliando le spese, trova sempre più spazio nel dibattito tra gli economisti la paura di un nuovo 'tuffo' dell'economia globale, una recessione "a doppia V", che non riesce a consolidare i segnali di crescita emersi negli ultimi trimestri e, anzi, torna a guardare verso il basso. Nel dibattito si confrontano posizioni diverse soprattutto sulle cause che potrebbero innescare un nuovo tratto in discesa nel grafico del Pil. Ma la preoccupazione è crescente, come ha messo in luce anche la "Lettera degli economisti" preoccupati degli effetti recessivi della manovra italiana.
Ne parlano, da due punti di vista completamente diversi, Nouriel Roubini della New York University, e Simon Johnson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale e oggi docente di sviluppo imprenditoriale al Mit Sloan School of management.
Roubini dà una ricetta in otto punti per evitare la 'double-dip' della recessione globale e imperniata su un profondo coordinamento internazionale. Un percorso in delicato equilibrio tra la necessità di risanare i bilanci per i paesi "spendaccioni" e l'obbligo quasi morale per i paesi come Germania, Cina e Giappone con bilanci in attivo di continuare a mantenere le misure di stimolo all'economia. Esattamente il contrario di quanto ha appena fatto la Germania, che «invece di partire con un piano di austerità mal congegnato, dovrebbe estendere gli incentivi a tutto 2011».
Preoccupato della "prossima crisi" è anche Johnson che sembra rispondere a chi, come Roubini, guarda solo al debito sovrano e all'economia reale. Il professore della Mit Sloan School è convinto che le radici della prossima crisi siano nella mancata regolamentazione del settore finanziario americano, di cui ha messo a nudo le responsabilità nella prima fase della recessione nel best seller «13 Bankers: The Wall Street Takeover and the Next Financial Meltdown» scritto a quattro mani con James Kwak.
«Che l'economia mondiale viva adesso una crescita del 4 o del 5 per cento è sicuramente importante, ma non influisce più di tanto sulle nostre prospettive a medio termine. Il settore finanziario statunitense ha ricevuto un sostegno salvifico e non soggetto a condizione alcuna, ma adesso non è soggetto ad alcuna forma di ri-regolamentazione significativa. Pertanto, non si discute: ci stiamo preparando - afferma Johnson - a un altro boom che ha i suoi presupposti nell'eccessiva e sconsiderata assunzione di rischio nel cuore stesso del sistema finanziario mondiale. E ciò non può che finire in un modo solo: male».