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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2010 alle ore 12:37.
Doppia manifestazione a Pomigliano per il sì e per il no all'accordo sullo stabilimento Fiat. Alle 17.30 fiaccolata a favore dell'intesa di dipendenti e familiari. In mattinata assemblea pubblica dello Slai Cobas per dire no all'accordo e al referendum.
Il clima resta teso dopo le dichiarazioni di Sergio Marchionne. L'Ad di Fiat non ha usato mezzi termini con i sindacati: «Vogliamo ammazzare l'industria italiana? Ditemelo, lo facciamo. Sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. L'Italia non avrà un futuro manifatturiero, l'industria non esisterà più».
Maurizio Landini, segretario generale Fiom risponde: «Fossi in Marchionne eviterei le battute su Termini che lui ha deciso di chiudere tra un anno e mezzo. Su quei lavoratori pende la condanna. Basta anche con la storia che difendiamo gli assenteisti. Non è vero».
A Mirafiori gli operai scioperano contro l'accordo separato e la Fiom continua a definire il referendum «un ricatto». L'amministratore delegato di Fiat è esplicito: «Smettiamola di prenderci per i fondelli. Lunedì a Termini Imerese si è scioperato solo perchè giocava la Nazionale. E così si fa a Pomigliano e in tutti gli stabilimenti italiani». Quanto alla Fiom: «parliamo di due mondi diversi, non è la Fiat che gestiamo noi, la Fiat che esiste. È un discorso completamente sballato. È una questione di atteggiamento». Marchionne dice poi che la Panda in Polonia «è stata prodotta bene, a un livello di qualità mai raggiunto in uno stabilimento italiano». E a Cofferati che lo paragona a Cesare Romiti, replica: «non lo conoscevo, può darsi che avesse ragione lui». Dal referendum del 22 giugno si aspetta un risultato positivo con «una percentuale tale da permettere di poter utilizzare lo stabilimento».
Maurizio Landini ribatte: se al referendum tra i lavoratori di Pomigliano dovessero prevalere i sì all'accordo con la Fiat, la Fiom non firmerà comunque l'intesa «per la semplice ragione che è un referendum illegittimo: non si può chiedere a un lavoratore di votare contro la Costituzione». Il segretario generale Fiom aggiunge: «non è un referendum libero. Si esprimerà un voto sotto la minaccia di essere licenziati». In ogni caso la Fiom non darà «alcuna indicazione di voto» mentre è pronta anche a ricorrere alla magistratura. Ma«senza il consenso - avverte - la fabbrica esploderà». Per Landini l'accordo presentato è senza precedenti: «mai visto un documento che cambia così tanto le relazioni sindacali».