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Economia Politica economica

Bersani boccia la manovra: c'è troppo conformismo verso il governo

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 15:38.

Rispedisce al mittente le accuse «di chi parla di un Pd che non fa proposte» e bolla la manovra come «assolutamente ingiusta e inadeguata». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, sceglie una affollatissima conferenza stampa al Senato per sparare a zero contro la Finanziaria dell'Esecutivo, affiancato dalla capogruppo dei democratici a palazzo Madama, Anna Finocchiaro, e dal relatore di minoranza, Paolo Giaretta. «Siamo sinceramente preoccupati - attacca il numero uno del Pd - perché ci troviamo di fronte a una congiuntura difficile senza un richiamo forte al Paese per cui ha di più deve dare di più. Siamo in assenza - continua il segretario di un messaggio fondamentale ai cittadini».

Il segretario dei democratici si scaglia poi contro l'eccessivo conformismo nei confronti dell'esecutivo. «Da un paio di anni a questa parte - osserva Bersani - c'è un atteggiamento troppo acritico di giornali, commentatori, forze sociali. Non lo dico perché diano ragione a noi ma per il paese. Se nella manovra non ci sono investimenti per la crescita non si può dire che va bene - tuona ancora il numero uno dei Democrats -. Se sei una classe dirigente responsabile devi dire che le cose non vanno senza paura che lo dica anche il Pd, anzi se preferiscono possiamo pure stare zitti. A noi interessa il risultato».

Bersani è un fiume in piena, si infervora mentre lancia l'affondo contro il Governo «che non dice una parola chiara». E ricorda all'Esecutivo che, «se ci avessero dato retta, in questo momento la manovra sarebbe stata di un terzo e non si dica che il Pd non ha proposte, chi lo fa è conformista e complice della destra». Il segretario ribadisce poi il no dell'opposizione nel caso in cui il Governo decidesse di mettere la fiducia al Senato sulla manovra. «Spero non abbiano la testardaggine di rimanere inchiodati e che accolgano le nostre proposte che evitano una batosta micidiale a servizi e redditi medio-bassi e aiutano la crescita. Altrimenti voteremo no e ci opporremo».

La conferenza scorre via non senza qualche bordata all'indirizzo del ministro dell'Economia. A Bersani non è andata giù l'immagine dell'albero storto utilizzata ieri dal ministro Giulio Tremonti. «Vanno avanti con frasi fantasiose - continua il segretario -. Ieri si è inventato che l'albero della finanza pubblica è storto. Molto creativo ma l'albero devi correggerlo tu». Poi torna sui numeri della manovra. «Se 24 miliardi devono essere, 24 miliardi siano. Ma non è giusta una manovra che fa pagare mille euro agli insegnanti, centinaia di euro ai poliziotti e zero euro ai ricchi come Silvio Berlusconi». Quanto al federalismo, il segreario è tranchant. «Oggi qualche giornale titola "parte il federalismo". La realtà è che ogni giorno si fanno annunci e nei fatti si dà una botta micidiale al sistema degli enti locali. La Lega pensa di cavarsela facendo presiedere il Consiglio dei ministri a Umberto Bossi?», si domanda provocatoriamente Bersani.

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Poi qualcuno gli chiede di commentare lo sciopero delle toghe e Bersani non si sottrae. «In una situazione ordinaria non ci sarebbe dovuto essere uno sciopero. Non sarebbe una cosa del tutto comprensibile che i magistrati protestano non lavorando ma è vero che siamo in una situazione non ordinaria e certo i magistrati non se la sono cercata». Il segretario ricorda anche il terremoto. «Dopo le promesse e gli impegni oggi riportano le tasse all'Aquila. Chiedete ad un commercialista di là in che situazione di sbandamento totale si trova tra gente che, giustamente, è fuori dalla grazia di Dio».

Il pacchetto di proposte firmato dai democratici è imperniato, spiega Paolo Giaretta, «su tre pilastri: fisco, riequilibrio del centro e della periferia, e sviluppo». Sul fronte delle tasse, i democratici suggeriscono di destinare ai contribuenti leali «almeno un euro su due derivanti dalla lotta alla evasione fiscale. Per le famiglie, invece, si punta a far partire subito almeno uno tra tre interventi: dote fiscale a 2500 euro annui per ogni figlio, fino al 18esimo anno di età; detrazione aggiuntiva di 500 euro per ogni figlio per le donne che lavorano e raddoppio della soglia di detraibilità spese per figli a carico e incremento delle detrazione.

Avanti tutta, poi, con l'innalzamento dell'aliquota sulle rendite finanziarie al 20% in linea con la media europea e una sovratassadel 3% sui capitali scudati. In attesa del federalismo, i democratici sollecitano inoltre un dimezzamento dell'onere della manovra su Regioni, Province e Comuni ricavando le risorse «da una più incisiva riduzione della spesa dello Stato centrale attraverso fissazione del target per l'intero bilancio non consentendo un incremento di spesa superiore al 50% dell'incremento del Pil». Ma anche puntando, si legge ancora nel documento presentato oggi dal Pd, «sull'unificazione di Inps e Inpdap, sulla riorganizzazione e razionalizzazione della rete periferica dei ministeri, sulla reintroduzione delle norme per la valutazione della Pa e per premiare il merito, sulla ricetta telematica e sulla drastica riduzione di auto blu e voli di stato». Per far crescere il Paese, infine, sì a un piano nazionale per incrementare la partecipazione al lavoro dei giovani e più coraggio nelle liberalizzazioni e nel settore della green economy.

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