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Economia Politica economica

Il Governo orientato a porre la fiducia sulla manovra. Marcegaglia: «Accolte le nostre richieste»

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2010 alle ore 18:07.

«Qualche minuto fa ero al telefono con il ministro Tremonti e il presidente Berlusconi e penso dei poter dire che le nostre richieste sono state accolte». A dirlo è stata, nel pomeriggio di lunedì, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine dell'assemblea degli Industriali di Reggio Emilia, a proposito degli articoli 45, 38 e 31 della manovra. «Avevamo espresso alcune perplessità - ha aggiunto - sui temi fiscali e sulle rinnovabili. Ora dovremmo andare verso la soluzione dei problemi che avevamo sollevato».

Il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha intanto smentito la possibilità di un incontro con le Regioni a Palazzo Chigi sulla manovra. Ipotesi smentita anche dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che nei giorni scorsi aveva chiesto appunto un confronto con l'Esecutivo. Esecutivo che in serata, ha espresso anche l'orientamento a chiedere la fiducia sulla conversione in legge del decreto che contiene la manovra. Lo ha reso noto palazzo Chigi, dopo l'incontro del pomeriggio ad Arcore tra il premier e il responsabile dell'Economia. «Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ed il ministro Tremonti - si legge nella nota - hanno preso atto del buon lavoro finora sviluppato in Parlamento ed hanno valutato tutti i miglioramenti proposti e realizzabili, fermo il vincolo dell'invarianza dei saldi».

«Il presidente del Consiglio dei ministri - è la conclusione del comunicato di palazzo Chigi - valutati i tempi per la conversione, considerando che il bene comune non è fatto dalla somma dei pur legittimi interessi particolari, sotto la sua responsabilità e nell'interesse del paese, ha ritenuto di orientare il governo verso la richiesta di fiducia al Parlamento".

Tra le novità, confermato lo scalone unico per le lavoratrici del pubblico impiego che, a partire dal 2012, andranno in pensione di vecchiaia a 65 anni. E per tutti scatta l'adeguamento dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita media: l'avvio del meccanismo ci sarà a decorrere dal 1° gennaio 2015, e il requisito anagrafico verrà aggiornato con un decreto, su base Istat, ogni tre anni a partire dal 2019. Il semaforo verde si è acceso con l'approvazione dell'emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini, sulle pensioni e ha dato il via libera a una nuova modifica contenuta in un subemendamento Pdl sui tempi della aggiornamento alla vita media.

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Tags Correlati: Antonio Azzollini | Confindustria | Emma Marcegaglia | Governo | Imprese | Istat | Maria Ida Germontani | Maurizio Sacconi | Ministero per gli Affari Regionali | PDL | Previdenza complementare | Raffaele Fitto | Silvio Berlusconi | Vasco Errani |

 

Confermata quindi la retromarcia del governo sull'abolizione dei 40 anni di contributi per poter lasciare il lavoro. L'abolizione del requisito contributivo era contenuta nella prima versione della proposta di Azzollini, poi disconosciuta dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e quindi, bollato come un "refuso". Inoltre, sull'aggiornamento del pensionamento di vecchiaia alla vita media, la versione del relatore stringeva i tempi e fissava la seconda revisione nel 2016, per poi passare a un sistema di aggiornamento triennale. Mentre il subemendamento di Maria Ida Germontani (Pdl) approvato dalla commissione sposta dopo 4 anni, al 2019, la seconda revisione, e da quell'anno in poi scatta il meccanismo della triennalità.

Tornando alle lavoratrici statali, si prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2010 viene incrementato di un solo anno, cioè da 60 anni a 61 anni, il requisito per la pensione di vecchiaia; mentre dal primo gennaio 2012 si passa di colpo a 65 anni con un ulteriore incremento di 4 anni. Le maggiori entrate confluiscono nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reali per «interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficenza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e familiare delle lavoratrici».

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