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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 18:20.
Quando si dice la "vision" di lungo periodo e la strategia da immaginario collettivo. Pensate a Pomigliano e a un muro tutto bianco, da riempire. Come dire potete scriverci - in senso figurato perché, vista la situazione, non è il caso di fare i "writer" da alternativi o da centri sociali - tutto quello che volete. Compreso il "vostro futuro e quello dei vostri figli". Del resto la comunicazione (e lo insegna appunto la lettera alle "persone", copyright John Elkann, scritta venerdì 9 luglio da Sergio Marchionne) è una componente chiave della società postmoderna, con tanto di icone e di simboli.
Vediamo di rileggere il caso Pomigliano, che sembra ormai aver preso la china positiva alla luce di questi segnali. E della lunga marcia compiuta da Marchionne per "cambiare pelle", e "cultura produttiva" all'impianto più scalchignato d'Italia, frutto dell'impasto perverso di clientelismo, infiltrazioni camorristiche, fatalismo, sciatteria, condizioni al contorno e quantaltro.
Stop. Rewind. È il 29 aprile del 1968, 42 anni fa. L'allora presidente del Consiglio, il pugliese Aldo Moro, in doppiopetto grigio pose la prima pietra di Pomigliano, la fabbrica che avrebbe cambiato il volto industriale della Campania e dell'intero Mezzogiorno. Nel 1972 andò in produzione la prima vettura, l'Alfasud 1.200. Il sito, nei piani dell'azienda, doveva attestarsi su una produzione di 572 vetture al giorno e, a regime, occupare 15mila addetti. Le leggende metropolitane raccontano che il primo giorno entrarono 1.200 operai e ne uscirono 1.180, perché una ventina non avevano saputo resistere ed erano "evasi" durante il turno di otto ore.
Oggi tutto è cambiato nel sito industriale più importante del Napoletano. A partire appunto dall'insegna Fiat Auto che ha preso il posto della storica Alfa Romeo, non senza "traumi culturali" che sparigliano le carte.
Siamo nel 2007 e l'attesa è tutta per il nuovo piano industriale della Fiat di Sergio Marchionne, arrivato al Lingotto da tre anni (e già nominato "Uomo dell'anno" 2006 da Panorama). In ballo c'è il dopo-Alfa 147, l'auto che negli ultimi anni ha garantito livelli produttivi ed occupazionali che hanno permesso alla Fiat di Pomigliano di passare quasi indenne dalla profonda crisi aziendale. Seguendo la vecchia "deriva storica" tutti danno per "scontato" che la nuova 149 Alfa Romeo, l'erede della 147, venga assegnata alle linee produttive della cittadina campana.