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Economia Aziende

Marchionne: «La disdetta al contratto è praticabile». Il ministro Sacconi contrario ad «atti unilaterali»

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 11:51.

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, sono d'accordo per lavorare insieme ad una soluzione che permetta di recepire le richieste del Lingotto sul fronte contrattuale senza che lasci Confindustria e Federmeccanica. Lo hanno indicato garantendo «un impegno comune» a trovare una soluzioni «in tempi brevi». Fiat garantisce l'impegno a cercare una soluzione sul progetto industriale in Italia «anche nell'interesse del Paese». Ma, indica l'ad Sergio Marchionne, se una soluzione non si dovesse trovare «resta un piano B».

Sergio Marchionne ha confermato il piano "Fabbrica Italia", «unica azienda - ha
detto - a investire 20 miliardi nel Paese. Ma - ha aggiunto - dobbiamo avere garanzie che gli stabilimenti possano funzionare». Il ceo di Fiat, al tavolo con i sindacati (presenti i leader di Cgil, Cisl e Uil), il ministro del welfare Maurizio Sacconi e alla presenza del governatore del piemonte Roberto Cota, il presidente della Provincia Antonio Saitta e il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, ha ribadito l'intenzione del Lingotto di non considerare la produzione dell'auto in Italia "secondaria". (Leggi l'intervento integrale di marchionne). Con Marchionne, però, «c'è l'impegno a trovare una soluzione comune» che non preveda l'uscita di Fiat da Confindustria, ha detto il leader degli industriali Emma Marcegaglia.

Il manager, secondo quanto riferito da alcune fonti che partecipano al tavolo, ha aggiunto che la produzione della monovolume 'L0' in Serbia «non toglie prospettive a Mirafiori». Per Marchionne «esistono alternative per garantire i volumi di produzione» nella fabbrica torinese. Poi, però, lo stesso Marchionne ha aggiunto «ci sono solo due parole, al punto in cui siamo, che richiedono di essere pronunciate: una è sì, l'altra è no». «Sì, vuol dire modernizzare la rete produttiva italiana; no, vuol dire lasciare le cose come stanno, accettando che il sistema industriale continui ad essere inefficiente e inadeguato a produrre utile e quindi a conservare o aumentare i posti di lavoro».

Marchionne, inoltre, ha affermato che: «Si parla molto della possibilità della Fiat decida disdetta dalla Confindustria e quindi dal contratto dei metalmeccanici alla sua scadenza. Se necessario siamo disposti anche seguire questa strada, ma non abbiamo nessun preconcetto». «Per noi - ha aggiunto - la cosa importante è raggiungere il risultato e avere la certezza di gestire gli impianti. Produrre a singhiozzo, con livelli ingiustificati di assenteismo, o vedere le linee bloccato per giorni interi è un rischio che non possiamo accollarci»

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La strategia di Fiat, soprattutto dopo la creazione della newco per Pomigliano, ovviamente ha destato, e sta destando, preoccupazione tra le controparti e i politici locali. «Il piano di Fiat sarebbe insostenibile dal punto di vista sociale ed economico se dovesse venir meno Mirafiori», ha detto il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino. «La cosa migliore - ha affermato Guglielmo Epifani, segretario della Cgil - è cercare una mediazione e non usare i carrarmati: più buonsenso e meno i muscoli. Chiederemo a Fiat - ha aggiunto - lavoro, occupazione e investimenti anche in Italia, chiarezza su futuro di Mirafiori e Pomigliano senza dimenticare Termini Imerese. Dobbiamo avere qualche certezze: i lavoratori non posso vivere alla giornata».

Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, invece dice «sì» al piano "Fabbrica Italia" di Fiat. Un ok che è «senza se e senza ma», ha puntualizzato Bonanni. «E questo sì vale anche per l'accordo a Pomigliano - ha continuato il leader della Cisl -. Ma vogliamo che Marchionne faccia chiarezza sul fatto che le modalità dell'investimento rimarranno nel perimetro delle regole del nuovo sistema contrattuale che abbiamo costruito».

Il progetto Fabbrica Italia è «importante. I numeri contenuti nel piano devono essere
riconfermati» ha chiesto, dal par suo, il ministro Sacconi, secondo cui «è giusto che l'azienda investa garantendo il pieno utilizzo degli impianti». «Il Governo - ha aggiunto Sacconi - ha sollecitato le parti a restare nell'alveo delle tradizionali relazioni industriali che hanno dimostrato capacità di rigenerazione. Non occorrono inopportuni atti unilaterali nel sistema delle relazioni industriali». «Le parti -ha detto -devono cercare le modalità per adattare il sistema delle relazioni ad esigenze concrete: investimenti nei siti produttivi e piena efficienza degli impianti ed affidabilità».

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