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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:02.
I dati parlano chiaro: il Pil italiano cresce poco (0,2% l'anno tra il 2000 e il 2009), e cresce meno di quello dei paesi concorrenti. Anche eliminando l'effetto recessione il quadro non cambia: 1,2% l'anno tra il 2000 e il 2008 contro l'1,9% della Francia e l'1,4% della Germania.
Il dato è ancora peggiore se misurato pro capite: il prodotto per abitante è calato dello 0,5% all'anno, tra il 2000 e il 2009. All'origine di questa frenata c'è l'andamento della produttività (vedere grafico): il prodotto ottenuto per ogni unità di fattore produttivo (lavoro e capitale) è cresciuto molto meno di quello degli altri paesi.
Il ritardo accumulato dall'Italia negli ultimi due decenni è sbalorditivo, al punto che in varie sedi sono stati avanzati dei dubbi sulle modalità di misurazione. Ma l'utilizzo di tecniche statistiche più sofisticate può portare a qualche decimo di punto di miglioramento. E la realtà di fondo non cambierebbe.
Come si spiega allora questo rallentamento? Una chiave di lettura costringe ad andare piuttosto indietro nel tempo. Negli anni 70 e 80 le imprese si sono trovate a fronteggiare un elevato costo del lavoro, gonfiato dall'inflazione e dal potere contrattuale del sindacato. Si sono ristrutturate investendo molto in automazione e sostituendo lavoro con capitale, cioè uomini con macchine.
«All'inizio degli anni 90 – racconta l'economista Innocenzo Cipolletta, allora direttore generale della Confindustria – il prodotto per addetto, la produttività italiana, era superiore a quella della media europea. Imprenditori e sindacati si sono chiesti come si poteva utilizzare quella situazione per abbassare il costo del lavoro e per aumentare l'occupazione. Si è avviato così il processo che ha portato prima agli accordi governo-imprese-sindacati come quello del 1993, poi alle riforme che hanno introdotto la flessibilità del mercato del lavoro. Da allora è iniziata la sostituzione di capitale con lavoro: l'occupazione è aumentata e, di conseguenza, la produttività è diminuita».
Ma quello che sulle prime poteva apparire come un "ritorno alla normalità" si è trasformato in un "eccesso di reazione". Favorito anche dalla presenza di economia sommersa, parte della quale si è messa in regola, e di immigrati a basso costo e bassa qualificazione, pronti ad accettare qualsiasi lavoro.