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Economia Lavoro

La perdita di salari, pensioni e produttività è frutto di un sistema fiscale che rema contro lo sviluppo

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2010 alle ore 16:33.

Crescita delle disuguaglianze, forte perdita di salari, pensioni e produttività. È la fotografia impietosa del decennio 2000-2010 scattata dall'Ires-Cgil, che evidenzia nei limiti dimensionali del sistema produttivo italiano – caratterizzato dalla forte presenza della piccola dimensione d'impresa, meno in grado di competere sui mercati globali – e nei ritardi negli investimenti in ricerca e sviluppo (l'Italia in Europa è fanalino di coda con l'1,18% investito, contro il 2,60% della Germania), due grandi freni allo sviluppo economico.

Ma a "remare contro", secondo l'Ires è anche il nostro sistema fiscale che, come ha sottolineato il leader della Cgil, Guglielmo Epifani «sta uccidendo la produttività»: abbiamo la pressione fiscale sul lavoro più alta d'Europa (44% contro il 34,4% della media della Ue a 27). Insieme ai lavoratori dipendenti (che in dieci anni hanno perso quasi 5.500 euro di potere d'acquisto) sono penalizzate le imprese che investono, da un sistema che "premia" la speculazione e le rendite finanziarie. Per la Cgil serve un interventi sul fisco in chiave ridistributiva, considerando che dal 1995 al 2008 i profitti netti sono cresciuti del 75,4%, dal 90 ad oggi si registra una crescita delle rendite superiore all'87%, mentre i salari netti sono sotto il valore reale del 2000.

Ma l'andamento dei salari è anche legato all'andamento della produttività reale delle imprese italiane che dal 1995 è cresciuta solo del 1,8%, mentre quella delle imprese di Francia, Regno Unito e Germania è cresciuta dai 25 e i 32 punti. La produttività di questi paesi, in ogni classe dimensionale d'impresa, è nettamente più alta di quella italiana, ad eccezione delle medie imprese – tra queste siamo i primi escludendo il Regno unito – tra i paesi industrializzati europei. Se dai raffronti di produttività si escludono le piccole imprese, i differenziali con gli altri paesi si riducono di molto.

Alcune risposte potranno arrivare nelle prossime settimane dai tavoli di confronto che stanno per partire, tra imprese e sindacati. Il tavolo sulla produttività convocato da Confindustria il 4 ottobre, insieme alla verifica sul modello contrattuale, potranno segnare un rientro in giuoco anche della Cgil che si dice favorevole ad ampliare la contrattazione di secondo livello e ad alleggerire il contratto nazionale. Epifani deve fare i conti con la minoranza interna che già mette le mani avanti: «nessun patto sulla produtività è possibile». A Guglielmo Epifani, e a Susanna Camusso – che da novembre diventerà la nuova segretaria generale della Cgil – spetta il compito di far uscire dall'angolo il sindacato di Corso d'Italia, di recuperare il dialogo con Cisl e Uil per cercare di incidere sulle prossime decisioni di politica economica.

In dieci anni ogni lavoratore ha perso 5.453 euro di potere d'acquisto (Photo Press)

In dieci anni ogni lavoratore italiano ha perso 5.453 euro di potere d'acquisto

In 10 anni ogni lavoratore ha perso 5.453 euro di potere d'acquisto del suo stipendio. Il dato

Lavoriamo insieme per la crescita

In occasione del convegno di Genova che, nel centenario di Confindustria, dedichiamo a occupazione

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Una nuova pagina, che ha come parola chiave la produttività, sempre all'insegna di quel riformismo

Tags Correlati: CGIL | Cisl | Confindustria | Fisco | Germania | Guglielmo Epifani | Italia | Susanna Camusso | Uil

 

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