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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 13:12.
Via libera di Bruxelles alla stretta sui debiti pubblici più elevati e al rafforzamento delle sanzioni per i Paesi non virtuosi sul fronte delle finanze pubbliche e della competitività. La Commissione Ue ha infatti adottato oggi, mercoledì, un pacchetto di proposte legislative che di fatto riscrive il Patto europeo di stablità e di crescita, con l'obiettivo di aumentare la sorveglianza sulle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, comprese le riforme strutturali. Una nuova architettura tecnico-politica pensata per evitare nuovi casi Grecia che viene incontro alle richieste avanzate dal governatore della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet che ha richiesto all'Europarlamento revisioni «ambiziose». E che potrebbe spingere molti paesi a una maggiore austerity dei conti pubblici.
Per l'esecutivo di tratta di una «riforma profonda» che «rompe con la prassi del passato, tipicamente basata su un atteggiamento di compiacenza».In particolare, il pacchetto approvato oggi dalla Commissione Ue prevede, come anticipato nei giorni scorsi, una maggiore attenzione al problema del debito pubblico degli Stati, finora passato in secondo piano rispetto a quello del deficit, e inasprisce il sistema di sanzioni, rendendole preventive oltre che correttive. Per imporle, è stato previsto un «meccanismo di voto al contrario»: la proposta di sanzione presentata dalla Commissione verrà considerata adottata a meno che il Consiglio non la capovolga a maggioranza qualificata.
Per quanto riguarda la parte preventiva delle sanzioni, gli Stati che «deviano» in maniera significativa da una «prudente politica di bilancio» saranno obbligati a costituire un deposito fruttifero; un deposito diventa non fruttifero e pari allo 0,2% del Pil del paese quando viene avviata la procedura per deficit eccessivo, e si trasforma infine in un'ammenda nel momento in cui il paese continua a non adottare misure correttive sufficienti a risanare i conti. Gli interessi maturati sui depositi e sulle ammende saranno distribuiti fra gli Stati dell'Eurozona che non superano i limiti fissati per deficit e debito.
Quanto alla questione del debito pubblico, si chiederà agli Stati che superano il 60% del rapporto fra debito e Pil (come l'Italia, che è al 118% quest'anno), di ridurre di un ventesimo all'anno, riferendosi agli ultimi tre anni, la differenza fra il livello raggiunto e il limite (nel nostro caso, dunque, di un ventesimo del 58%). Se questo non verrà fatto, la decisione di avviare una procedura per deficit eccessivo sarà automatica ma terrà conto di tutti i fattori rilevanti, come quanto la bassa crescita nominale ostacoli la riduzione del debito, o quali fattori di rischio siano legati alla specifica struttura del debito, o infine a quanto ammonta l'indebitamento del settore privato e a quanto i debiti «impliciti» legati al problema delle pensioni.