Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2010 alle ore 18:27.

In questi giorni, sembra ci siano due tipi di persone nel mondo delle banche centrali.
Da una parte ci sono i coscienziosi, convinti che le banche centrali dovrebbero alzare i tassi d'interesse, in una situazione di disoccupazione alta e inflazione in calo, perché… beh, perché le persone coscienziose la pensano così.
Dall'altra, ci sono gli sconsiderati, che pensano che le banche centrali dovrebbero combattere la deflazione tanto quanto l'inflazione, e cercare di fare in modo che la recessione economica non si tramuti in una depressione semi-permanente. Ma prova a dire una cosa del genere ai coscienziosi e farai la figura del ridicolo.

In Svezia, Lars Svensson, mio ex collega all'Università di Princeton e ora vicegovernatore della Riksbank, la banca centrale svedese, è preoccupato per i recenti sforzi dei suoi colleghi, smaniosi di alzare i tassi d'interesse nonostante un'inflazione ben al di sotto dell'obbiettivo fissato e una ripresa ancora traballante.
Il 2 settembre, quando la banca centrale svedese ha votato l'aumento del tasso di riferimento, Svensson è stato l'unico a opporsi.
«I tassi non sono uno strumento efficiente per influire sulla stabilità finanziaria», ha detto Svensson in un discorso pronunciato a Tokyo il 16 settembre, stando a quanto riporta Bloomberg News.
Ma Svensson cosa ne sa? È solo uno dei più eminenti economisti monetari del mondo, che ha passato un mucchio di tempo a studiare i problemi della politica monetaria in condizioni di zero lower bound (quando, cioè, i tassi nominali non possono scendere al di sotto dello zero).

In Gran Bretagna, Adam Posen, membro del Comitato per la politica monetaria della banca d'Inghilterra, esorta le banche centrali ad agire. In un discorso del 28 settembre, l'economista inglese ha fatto notare che le banche centrali sapranno se le misure di stimolo applicate sono state sufficienti soltanto quando indicatori attendibili come salari, produzione e occupazione punteranno nella direzione giusta e a passo sostenuto.
«Non basta che una banca centrale dica: «Abbiamo incrementato il nostro stato patrimoniale come non mai», oppure «abbiamo fatto cose che non avevamo mai fatto prima», e sostenere quindi che abbiamo fatto molto, forse perfino troppo (non che la banca d'Inghilterra abbia fatto così)», ha detto Posen. «È un modo di ragionare a ritroso, secondo me. Sarebbe come dire: «Quell'incendio deve spegnersi perché ci abbiamo versato sopra più acqua che per qualsiasi altro incendio».

Ma Posen cosa ne sa? È soltanto uno dei massimi esperti del «decennio perduto» del Giappone, quello che ha fatto seguito allo scoppio della bolla immobiliare, nel 1991: un periodo in cui deflazione e crescita lenta hanno tormentato la nazione asiatica.
Posen sottolinea anche che la teoria macroeconomica tradizionale – quella che sostiene che i paesi in difficoltà necessitano di molti più stimoli, sia attraverso la politica monetaria che attraverso la politica di spesa – ha retto più che bene all'impatto della crisi. Soprattutto, erano corrette le sue previsioni su inflazione e tassi d'interesse.

E i coscienziosi sostengono che i benefici possano arrivare solo dalla sofferenza.
Ma sbagliano tutto. Eppure, i policymakers «coscienziosi» scartano teorie che funzionano a favore di altre che non funzionano.

© 2010 NYT - DISTRIBUITO DA NYT SYNDICATE

(Traduzione di Fabio Galimberti)

© Riproduzione riservata