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Economia Aziende

Niente fretta, siamo Hermès. La formula di un successo: zero ossessione per gli utili a breve

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 15:37.

Il primo aneddoto è sul tempo.Quando nel 1989 Patrick Thomas arriva a Hermès, chiamato dal mitico presidente Jean-Louis Dumas, scopre un altro mondo. Lui viene da Pernod Ricard, dal largo consumo, fatto di marketing e di faticosa conquista di quote di mercato. Ed entra in un luogo dove non sempre c'è una relazione diretta tra l'investimento su un prodotto e i possibili ritorni. Dove si crea, si inventa anche per puro piacere. Dove i clienti devono mettersi in lista d'attesa per avere una borsa Kelly. Tanto i soldi arrivano lo stesso. Di fronte al suo sconcerto iniziale, Dumas gli dice: «Non abbiate fretta. Per sei mesi non fate nulla, osservate e cercate di capire». Cosa che Thomas ha fatto e ha fatto bene visto che 19 anni più tardi è diventato il primo amministratore di Hermès esterno alla famiglia.

Il secondo aneddoto è sul valore.
Nel 2005, quasi per caso, Hermès inizia a produrre una borsa in tela. Bella, ovviamente, e soprattutto dal prezzo accessibile, circa 300 euro. Il successo è travolgente, la borsa va letteralmente a ruba. In Faubourg Saint-Honoré si rendono conto che può svilire l'immagine della maison, la sua percezione di esclusività. E la ritirano dal mercato, rinunciando al 2,5% del fatturato e a lauti guadagni.

Il tempo. Il valore.
E la famiglia. Da quando, nel 1837, Thierry Hermès ha aperto il suo negozio di sellerie e finimenti in Boulevard des Capucines (a un passo da dove pochi anni più tardi un certo Louis Vuitton cominciò a fabbricare valigie e bauli) ed è via via diventato un nome, un riferimento, premiato all'esposizione universale del 1867 e fornitore ufficiale di corti reali e imperiali, la società è sempre stata in mano alla famiglia. E ognuno dei suoi rappresentanti ha fatto fare a Hermès un passo avanti. Emile-Maurice con le cerniere lampo e l'ingresso nella pelletteria. Robert Dumas con la Kelly, i carré in seta e i profumi. Jean-Louis Dumas, che ha regnato per 28 anni (dal 1978 al 2005), con la borsa Birkin, il prêt-à-porter e i gioielli, la creazione dell'accomandita che riunisce tutti gli eredi, l'ingresso in Borsa (nel 1993), l'internazionalizzazione. Mentre la moglie Rena, architetto d'interni, si occupava dell'arredo dei negozi.

Una continuità straordinaria, che fa di Hermès una perla rara

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Lvmh sale al 14,2% di Hermès

Lvmh dà la scalata a Hermès con un investimento di 1,45 mld di euro

Il colosso del lusso Lvmh ha annunciato di detenere il 14,2% del capitale della concorrente Hermès.

Hermès crea una holding di famiglia per contrastare la scalata di Lvmh

Hermès prepara le difese contro Lvmh

Tags Correlati: Amf | Bertrand Puech | Birkin | Borsa Valori | Consob | Imprese | Jean-Louis Dumas | Jérôme Guerrand | Laurent Momméja | Louis Vuitton | Patrick Thomas | Robert Dumas | Thierry Hermès

 

. Neppure la quotazione ha portato grandi cambiamenti. Diciassette anni fa la quota in mano alla famiglia era dell'80%, oggi è del 73,4. D'altronde perché vendere visto che il titolo continua a salire. Di trenta volte da quell'esordio sul listino a 32,5 franchi (5 euro). Del 115% negli ultimi cinque anni. Del 57% dall'inizio del 2010, che sta per entrare nella storia come il migliore di sempre.

Senza fretta la famiglia Hermès ha continuato a creare valore. Con i suoi 3.500 artigiani distribuiti in 33 atelier. Con il controllo dell'intero processo, dalla scelta delle materie prime alla loro lavorazione fino alla distribuzione (nei 313 negozi di proprietà sparsi ovunque nel mondo). Dando l'impressione a chi compra un prodotto Hermès di non fare una spesa ma un investimento.

Un pianeta a parte, Hermès. Lo si è visto nei primi giorni successivi a quella che alla maison è sembrata una dichiarazione di guerra da parte di Lvmh, quando i dipendenti dei suoi laboratori, delle sue controllate hanno comprato una pagina di pubblicità per difendere la loro diversità, l'idea che la qualità viene prima della quantità. Che utili e sentimenti, affari ed emozioni non sono necessariamente parole destinate a bisticciare tra loro.

Adesso, per la prima volta, questo delicato equilibrio, questa magia, corre dei rischi. I rappresentanti della quinta e della sesta generazione, soprattutto dei rami Puech e Dumas, insistono nel ribadire che la famiglia è e resterà unita, che non cambierà nulla.

Ma non c'è più Jean-Louis, ritiratosi nel 2005 e morto pochi mesi fa, con il suo carisma. Qualche scricchiolìo si è già avvertito. A ottobre Jérôme Guerrand, presidente del consiglio di sorveglianza, ha venduto 24mila titoli per 4,14 milioni, dopo aver già ceduto in maggio azioni per 2,2 milioni. Laurent Momméja, membro del consiglio di gestione dell'Emile Hermès, che riunisce tutti gli eredi, ha venduto per 1,8 milioni. Siamo alle soglie di un difficile passaggio generazionale, visto che Bertrand Puech, presidente dell'Emile Hermès, ha 74 anni e Thomas 63. E non è detto che la settima generazione abbia la stessa visione di quelle che l'hanno preceduta.

Ecco quindi la decisione, se verrà approvata dall'Amf (la Consob francese) di costituire una holding non quotata cui la famiglia apporterà oltre il 50% del capitale e alla quale si potranno cedere i titoli al prezzo di mercato. Una difesa in più oltre all'accomandita. Per cercare di salvaguardare un modello che ha fatto di Hermès una formidabile success story.

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