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Economia Lavoro

Il giorno più lungo per Mirafiori. Oggi lo spoglio al via dalle 18.45

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 07:46.

TORINO - Silenzio, alle Carrozzerie di Mirafiori. Da ieri notte la parola è passata ai lavoratori della Fiat. Dalle dieci di sera all'una di questa mattina si è svolto il primo turno delle votazioni del referendum per l'approvazione o la bocciatura dell'accordo siglato da Fiat, Uilm, Fim e Fismic e rifiutato dalla Fiom. Questa mattina si torna a votare dalle 8,45 alle 11,45 e poi dalle 15,45 alle 18,45. Quindi, inizieranno le operazioni di spoglio che proseguiranno fino a notte inoltrata.

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Hanno diritto a esprimere la loro opinione 5.431 dipendenti del Lingotto, il 90% operai e gli altri impiegati. Per assistere da vicino a un paesaggio destinato a ridisegnare il volto industriale di Torino e del paese, sono arrivati in città l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, e John Elkann, presidente di Fiat e di Exor.

Ieri, intanto, i fronti contrapposti hanno fatto le loro ultime mosse. Il confronto si svolgerà voto su voto. Nessuna certezza di facile vittoria, né per il sì né per il no. Al mattino è andata deserta l'assemblea promossa, fuori dall'orario di lavoro nella parrocchia del Redentore vicino allo stabilimento di Mirafiori, dai sindacati firmatari. Gli organizzatori naturalmente hanno minimizzato e per Claudio Chiarle, segretario cittadino della Fim-Cisl «la scommessa vera è vincere il referendum». Dello stesso tenore il commento di Flavia Ajello, responsabile Uilm per Mirafiori, a sottolineare che l'iniziativa «è stata organizzata per precauzione». Più partecipazione, invece, all'assemblea interna allo stabilimento della Fiom; al termine di essa, Maurizio Landini ha detto che tra i lavoratori di Mirafiori «regnano la rabbia per i peggioramenti che la Fiat vuole introdurre e preoccupazione per il loro futuro». Il segretario della Fiom ha aggiunto, con prudenza: «Sull'esito del voto non facciamo previsioni. Di certo non è un referendum libero, ma un plebiscito. La Fiom farà tutto ciò che è possibile, sul piano sindacale e giuridico, contro un modello di accordo che per noi è inaccettabile».

Dopo la faticosa passerella di Nichi Vendola di mercoledì, ieri ai cancelli era presente anche una delegazione di lavoratori di Pomigliano d'Arco aderenti alla Fiom, che hanno contribuito al volantinaggio: «Noi di Pomigliano ci sentiamo lavoratori di Mirafiori, voi di Mirafiori siete lavoratori di Pomigliano», hanno detto agli operai al cambio turno. Davanti alla porta due si sono presentati anche il portavoce del Partito comunista dei lavoratori, Marco Ferrando e una delegazione di sindaci No Tav della Val di Susa «per solidarietà con i lavoratori di fronte a una scelta difficilissima». Proprio la concentrazione di sostenitori del no ha infastidito i rappresentanti Fismic, che hanno rinunciato al volantinaggio e denunciato un clima di intolleranza creato da un vero e proprio «raduno della sinistra». «L'arrivo degli sconfitti di Pomigliano, dei No Tav e degli altri gruppi – ha lamentato la Fismic – impedisce di fatto l'agibilità democratica dell'area antistante i cancelli d'ingresso alla fabbrica».

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Tags Correlati: Cisl | Claudio Chiarle | Elezioni | Exor | Fiat | Fim | Fiom | Fismic | Flavia Ajello | Italia | John Elkann | Maurizio Landini | Mirafiori | Partito Comunista | Pd | Sergio Chiamparino | Sergio Marchionne

 

Sempre ieri, in una Torino dove ormai nessuno dà più per scontato che il sì vinca a mani basse, hanno destato impressione le parole caute di Sergio Chiamparino, sindaco ed esponente del Pd favorevole all'accordo e convinto assertore della forza modernizzatrice di Marchionne. In particolare, Chiamparino è intervenuto sull'ipotesi che, in caso di vittoria del no, la Fiat smobiliti da Mirafiori: «Non credo che, se vince il no, Mirafiori chiuderà domani perché stiamo parlando di una cosa che entrerà in vigore non prima di 18 mesi. Ma di certo ci sarà una fase di stallo e di stagnazione nel paese». Quindi, ha ricordato come una vittoria dei no sarebbe «un segnale negativo per la capacità del paese di attrarre investimenti», mentre se passassero i sì («come mi auguro»), resterebbero aperte molte possibilità, «a cominciare dagli investimenti per Torino e il resto dell'Italia».

Ecco il testo dell'accordo di Mirafiori

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