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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 07:59.
È rimasto stupito dal clamore suscitato dalla proposta elaborata dal direttivo della Federazione. Dalle reazioni immediate nel mondo del sindacato e della politica, divisi tra favorevoli e contrari sull'ipotesi di rendere alternativo il contratto nazionale e quello aziendale.
«Il nostro è un'invito a ragionare su un'ipotesi, nel solco indicato dall'accordo interconfederale del 2009, che ha inserito un sistema di deroghe ampio rispetto al contratto nazionale. Si tratta di prenderne atto, prevedendo in modo trasparente un contratto collettivo tagliato sulla singola realtà d'impresa, fermi restando alcuni contenuti minimi comuni», spiega Pierluigi Ceccardi, presidente di Federmeccanica.
Si tratta di una novità comunque importante...
È utile chiarire i termini della questione che mi sembra abbia sollevato un polverone improprio. Tutto nasce da un comunicato stampa emesso al termine di una riunione del nostro Consiglio direttivo che dà conto della discussione che c'è stata. Tra le altre cose vi si legge che il Consiglio ritiene necessario procedere rapidamente sulla via della flessibilizzazione del nostro modello contrattuale proseguendo lungo il percorso aperto dall'accordo interconfederale del 15 aprile 2009. A questo proposito ritiene anche che sarebbe utile prendere in considerazione l'ipotesi di integrare quell'accordo con la previsione della possibile alternatività tra contratto specifico per determinate situazioni aziendali e contratto nazionale. È un invito a ragionare su un'ipotesi.
Si vuole cancellare o comunque ridurre la portata del contratto nazionale?
La proposta non intende certo cancellare il contratto nazionale, ma consentire una più chiara definizione di un sistema contrattuale flessibile e adattabile alle esigenze aziendali laddove necessario. Il contratto nazionale manterrebbe la sua funzione per la stragrande maggioranza delle aziende. Quello che dico è confortato anche dall'esperienza tedesca, dove questo problema è stato affrontato con qualche anno di anticipo rispetto a noi: la percentuale di aziende che, insieme al sindacato, ha scelto l'opting out è nell'ordine del 7%. Questo tema della flessibilità contrattuale è particolarmente sentito in un settore come il nostro che è fortemente esposto alla competizione globale e nel quale operano numerose imprese multinazionali. Segnalo che in alcuni casi l'impossibilità di avere un contratto aziendale con regole conformi a quelle proprie degli altri stabilimenti è un potente freno ad insediare stabilimenti nel nostro paese mentre tutti sappiamo quanto bisogno abbiamo di attrarre capitali esteri.