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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2011 alle ore 09:47.
Una Confindustria ancora più vicina alle imprese, e quindi più presente sul territorio. In grado di rappresentare il mondo delle aziende italiane in base alle loro esigenze, completamente modificate dalla crisi, dalla globalizzazione, dalla modificazione profonda di fare impresa, anche con regole su misura. Quindi, con un maggiore peso del contratto aziendale.
I messaggi che sta lanciando in questi giorni la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e che ieri ha spiegato in un'intervista a Dario Di Vico del Corriere della Sera, raccolgono consensi nel mondo imprenditoriale.
«Vogliamo decidere che mestiere fare in futuro, adottando uno schema: rappresentanza dappertutto, ma servizi integrati», ha detto la Marcegaglia nell'intervista, come premessa ai progetti che ha annunciato. «Dobbiamo uscire dal vecchio modello fordista, un format unico per tutti. In campo sindacale vuol dire aprire ai contratti aziendali, si fa rappresentanza quasi su misura, ma non scomparirà il contratto nazionale». Cambiamenti che sono stati accelerati dalla vicenda Fiat, ma che Confindustria, ha sottolineato la presidente, aveva già avviato. «Le idee le avevamo già». L'esigenza di legare salario e produttività è di tutte le imprese, e a ciò si arriva spostando il baricentro in azienda. Anche arrivando, ha aggiunto la Marcegaglia, alla partecipazione agli utili.
A questo si aggiungerà nei prossimi mesi una riforma di Confindustria: più snella, più federalista, meno convegni e più servizi integrati, missioni all'estero mirate e di filiera. Appena eletta, era stato uno dei suoi impegni, poi la crisi ha imposto altre priorità. «Ora è arrivato il momento di cambiare». E a chi prefigura una perdita di ruolo di Confindustria, ha risposto con i dati: dal 2007 le imprese associate sono aumentare del 10,9% e del 13% se si calcolano i dipendenti.
Sotto i riflettori, per il caso Fiat, c'è oggi Federmeccanica, che ha appena lanciato la proposta di un contratto aziendale alternativo a quello nazionale. Secondo alcune notizie di stampa, un'eventuale uscita di Federmeccanica da Confindustria toglierebbe alla confederazione 97 milioni. Ma gli imprenditori della categoria fanno sapere che innanzitutto è concettualmente sbagliato ipotizzare l'uscita di Federmeccanica da Confindustria, inoltre lo è ancora di più prevedere una diretta conseguenza in termini di impatto economico sulla confederazione, perché Federmeccanica non è un contribuente diretto (le aziende corrispondono i contributi attraverso le associazioni territoriali).