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Economia Aziende

Produttori dei sacchetti di plastica in crisi: ma il ritorno degli shopper potrebbe essere vicino

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 16:03.

Il 2011 per gli ambientalisti è già un anno da ricordare, grazie al bando dei vituperati sacchetti di plastica. Anche per le aziende produttrici di quegli stessi shopper il 2011 è un anno cruciale. Ma per motivi opposti. Il bando stabilito dal ministero dell'Ambiente sta mettendo a rischio due terzi dei circa 4mila posti di lavoro del comparto, ora in cassa integrazione, ferie forzate, contratti di solidarietà. In pericolo è anche un giro d'affari di 800 milioni, impianti e investimenti. A denunciare la catastofe occupazionale legata all'estinzione dello shopper è Angelo Bonsignori, direttore generale di Federazione Gomma Plastica. Che però aggiunge: «Io sento aria di ritorno».

Ma il provvedimento anti-shopper di plastica è stato salutato proprio come un adeguamento dell'Italia all'Europa...
A quanto ci risulta, invece, in Europa si sta per aprire una procedura di infrazione contro l'Italia, perché il provvedimento non è stato notificato e inoltre viola la direttiva sui rifiuti e sui rifiuti da imballaggio. Già la Francia aveva provato a fare una cosa analoga nel 2006-7, notificando il provvedimento, che poi era stato respinto. E il governo italiano questo lo sapeva. Non esiste un obbligo comunitario che imponga la sostituzione dei sacchetti di plastica con quelli biodegradabili, ma solo una norma, alla quale ci si può adeguare in modo volontario. Il fatto è che è a partire dalla seconda metà del 2010 è stata condotta una campagna mediatica fortissima contro questo prodotto. Non so se le ragioni fossero politiche o elettorali, ma il ministero dell'Ambiente si è impuntato, anche se la sperimentazione necessaria per segnare il passaggio non è stata mai eseguita.

Ma ora si apre l'era dei sacchetti in plastica biodegradabile. Sono fragili, è vero, ma alcune catene della grande distribuzione, per esempio la Coop, stanno studiando grammature maggiori.
Aumentare la grammatura non serve se la catena polimerica è corta. Nei supermercati mi capita mi vedere persone che mettono insieme più sacchetti perché possano reggere il peso della spesa. Un sacchetto bio è difficilmente riutilizzabile, mentre quello di plastica si usava per la spazzatura. Ora, dunque, bisogna comprare altri sacchi per i rifiuti, che sono sempre di plastica. Quindi dove starebbe il vantaggio, per i consumatori e per l'ambiente?

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Però la messa al bando dei sacchetti di plastica è stata subito salutata, anche all'estero, con molto favore.
Guardi, anche a me danno fastidio i sacchetti dispersi nei prati. La colpa può essere della scarsa educazione degli italiani, ma anche delle istituzioni locali che non posizionano abbastanza cassonetti per la raccolta differenziata o semplici cestini. Lungo alcune spiagge bisogna camminare anche centinaia di metri per trovarne uno.

Ipotizziamo che i sacchetti di plastica vengano reintrodotti. Li modifichereste comunque?
Sì, abbiamo già delle idee a proposito: innanzitutto vorremmo razionalizzare le dimensioni, eliminando i sacchetti micro. Poi aumentare la percentuale di plastica riciclata nei sacchetti, diciamo passare dal 40% all'80% nel giro di tre anni, dando così anche uno sbocco economico alla raccolta differenziata. Poi, lavorare sugli spessori, eliminando quelli da pochi micron, per fare in modo che i sacchetti vengano riutilizzati più volte.

Intanto però il vostro comparto è in grave sofferenza.
Circa un centinaio delle nostre aziende lavora con la grande distribuzione. Altre, più piccole, sono le produttrici del cosiddetto "neutro", cioè dei sacchetti bianchi o azzurri senza marchi, usati per esempio nei mercati rionali. Il totale dei nostri lavoratori è lo stesso di una piccola Mirafiori. Ma gli effetti della nostra disoccupazione sono distribuiti capillarmente sul territorio.

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