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Economia Gli economisti

L'economista Taylor al Sole 24 Ore: la liquidità crea le bolle, gli investimenti privati i posti di lavoro

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2011 alle ore 18:11.

«Il quantitative easing, l'alleggerimento quantitativo messo in atto dalla Federal Reserve di Ben Bernanke per ridurre i tassi di interesse a lungo, è un errore», spiega John Taylor, padre della "Taylor rule", in un forum con la redazione del Sole 24 ore in cui si è discusso di come uscire dalla crisi finanziaria, il rischio inflazione e il ruolo delle banche centrali.

Taylor vuole riportare il ruolo della Fed a una maggiore «responsabilità» verso il Congresso americano ripristando l'obbligo (oggi abolito) di esprimere in un rapporto annuale i suoi obiettivi. Questo per ripristinare la credibilità della Fed che evidentemente - secondo Taylor – è stata incrinata. Anche la Bce deve restare legata al suo mandato di stabilità dei prezzi evitando di «acquistare bond greci» sul mercato secondario. Taylor ritiene che questi sconfinamenti della Fed e della Bce in settori non convenzionali inquinino la divisione classica di ciò che spetta alla politica monetaria e di ciò che spetta alla politica fiscale. «La Fed oggi ha un mandato multiplo: 1) tenere bassi i tassi a lungo termine, 2) stabiltà dei prezzi; 3) ottenere il tasso migliore di occupazione. Occorre puntare sulal stabilità dei prezzi come priorità», dice Taylor. Altrimenti si finisce come Alan Greenspan, che parte bene ma finisce male il mandato.

Le Banche centrali devono «guardare all'inflazione che è il rischio maggiore, che a causa della globalizzazione si riflette immediatamente nel resto del mondo», causando disequilibri mondiali. Se la politica monetaria deve tornare all'antico anche la politica fiscale deve ridurre il debito: «Gli Usa devono pensare a mettere i conti in ordine: molti oggi (il segretario al Tesoro, Tim Geithner, in primis) credono che un consolidamento fiscale troppo rapido potrebbe frenare la ripresa in atto», spiega. «In realtà il rischio viene dal fatto che negli ultimi tre anni le spese federali sono incrementate del 21 e poi del 25% rispetto agli anni precedenti», commenta Taylor.

Per questo i tassi devono cessare di essere troppo bassi («la liquidità è la causa delle bolle immobiliari»), e i pacchetti di stimolo devono coinvolgere di più il business, perché «i posti di lavoro vengono creati dagli investimenti privati».

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Una posizione monetarista classica, favorevole alla scuola di Chigago e anti-keynesiana, che guarda con scetticismo alle posizioni di Raguran Rajan, ex capo economista dell'Fmi, che indica nelle sperequazioni di reddito le cause del declino della classe media in America.

«La realtà è molto più complessa», chiosa Taylor che invita a mettere i conti in ordine a considerare l'indebitamento eccessivo come il problema principale, seguendo una politica di austerità a Washington. In questo senso indica la maggioranza ai repubblicani nella Camera dei rappresentanti come un'opportunità da non perdere e che farà bene al paese.

Le banche centrali tornino a forme più austere, facciano ripartire l'exit strategy e si occupino della stabilità dei prezzi. I governi si preoccupino di mettere ordine nei conti pubblici e lascino al business il compito di creare posti di lavoro. Più che un americano, Taylor, sembra un cantore della politica tedesca di Frau Merkel: austerità e no all'aquisto dei bond dei periferici. Forse è solo la consapevolezza che la stagione dei capitali a basso costo, "farewell to cheap capital" è, come ha ricordato il Nobel Michael Spence, davvero al capolinea di qua e di là dell'Atlantico.

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