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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 07:38.
È il convitato di pietra dei convegni e delle assemblee dove si affollano gli imprenditori ad ascoltare colleghi, economisti, banchieri e sindacalisti per meglio capire come tirarsi fuori dai postumi della crisi. Cifre alla mano, soprattutto quelle relative al pil e all'occupazione, la Germania suscita un misto di invidia e ammirazione. E senza tornare a Bismarck, la cui impronta è tuttora indelebile nel moderno welfare tedesco, gli studiosi si affannano a cercare nella storia degli ultimi vent'anni il segreto del successo industriale.
Gli imprenditori nordestini, per contiguità geografica, affinità produttive e sbocchi di mercato, si confrontano quotidianamente con il modello tedesco, dove continua ad affluire la parte più importante - il 14% - delle loro esportazioni. Sono come minimo osservatori privilegiati per misurare le molte diversità che tra i due sistemi paese, a partire da un differenziale di crescita ormai cronico, e offrire alcune sorprendenti similitudini tra la Germania e la macroarea formata da Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Nominalmente, il peso della locomotiva d'Europa come destinazione del "made in Bord-Est" è sceso in questi ultimi anni, per cui l'aggancio con la ripresa tedesca è meno sincronizzato di un tempo.
Bisognerebbe però andare a vedere i tracciati delle nuove rotte dell'internazionalizzazione per capire se davvero i rapporti economici non sono più intensi come qualche anno fa: «Non abbiamo dati precisi a riguardo, e anzi potrebbe essere un tema interessante da studiare, ma è probabile che molte nostre Pmi, soprattutto nella meccanica, abbiano seguito i loro grandi committenti tedeschi all'estero: nell'Est Europa, ma anche nel Far East, in Cina, in India», ipotizza Daniele Marini, direttore scientifico della Fondazione Nord Est.
Come dire che i flussi commerciali per destinazione geografica non possono raccontare tutta la verità sull'origine della committenza. Ad un elevato grado di internazionalizzazione del sistema produttivo tedesco, infatti, ne corrisponde uno analogo per il Nord Est, dove il 52,9% delle imprese (si veda il grafico) con più di 10 dipendenti ha rapporti con i mercati esteri, una quota superiore a quella di tutte le altre macroaree italiane. La posizione è chiaramente scomoda in tempo di crisi, come dimostra il terribile biennio 2008-2009, ma diventa il miglior trampolino di lancio quando c'è la ripartenza globale. L'indagine della settimana scorsa promossa da Confindustria Padova tra oltre 300 imprese, conferma che se c'è un'area in Italia dove si comincia a sentire il profumo di ripresa, è il Nord Est.