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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 18:07.
Porti incastrati nelle città con problemi di collegamenti sia stradali che ferroviari e rallentamenti provocati anche dalla burocrazia. Molti scali italiani risultano, sotto il profilo logistico, tutt'altro che funzionali. Questo non significa, però, che sul suolo nazionale manchino i punti di eccellenza, che permettono alle nostre banchine e agli interporti di mantenere una buona posizione a livello europeo.
Le carenze e inefficienze del sistema italiano sotto il profilo logistico, nota l'ufficio studi di Fedespedi, l'associazione che raggruppa gli spedizionieri, «penalizzano la competitività del nostro sistema economico, incidendo per circa il 20% dei costi di produzione delle imprese italiane».
«I porti – aggiunge Nereo Marcucci, presidente di Assologistica e vicepresidente di Confetra – sono in ripresa. La logistica, però, continua a essere in sofferenza: siamo più lenti dei competitor europei». Positivo, invece, per Marcucci, il recente Dpcm (decreto della Presidenza del consiglio dei ministri) che dà il via libera allo sportello unico doganale (anche se lo strumento ancora non è stato introdotto), per snellire e velocizzare i controlli, sottoponendo le merci a un'unica verifica coordinata (contro le attuali 17) dei diversi soggetti preposti.
Nel 2010 la movimentazione di container è cresciuta a livello tendenziale del 22% alla Spezia, del 14 a Genova, del 6% a Livorno e Venezia. E il trend è proseguito nei primi due mesi 2011 sull'analogo periodo 2010: +29% a Trieste, +18% a Ravenna e La Spezia. In ripresa anche Taranto (+16%) dopo il crollo del 2010 (-21,5%).
«Quasi tutti i porti italiani – aggiunge Marcucci – sono, però, incastrati nelle città. Fanno eccezione il terminal genovese di Voltri, la Darsena toscana di Livorno e La Spezia che, oltre ad avere un passaggio in subalveo per il traffico su gomma, che ne limita l'incidenza sulla viabilità cittadina, è lo scalo italiano col maggiore utilizzo di treni merci, benché con costi decisamente alti».
Il porto di Savona-Vado «non ha problemi stradali ma anche qui i binari, utili alla formazione di treni merci fino a 500 metri, consentono poca economicità, visto che per risultare vantaggioso, un treno merci deve avere una lunghezza minima di 700 metri». Quanto a Genova, escluso Voltri, «i problemi logistici – afferma Marcucci – riguardano sia le strade (il traffico portuale si innesta in quello cittadino, ndr), sia le rotaie, per le quali si invoca da anni la realizzazione del terzo valico».
Livorno, secondo Marcucci «è una maglia nera per le ferrovie mentre è collegato bene con le autostrade». Napoli, ancorché serva, con Salerno, un ampio bacino in Meridione, rappresenta «un'altra situazione problematica, visto che i varchi portuali si affacciano sulla viabilità urbana». Gioia Tauro e Taranto, entrambi porti di transhipment, sono duramente colpiti dalla concorrenza degli scali di trasbordo del Nord Africa. Mentre Trieste, conclude Marcucci, «vanta nove binari per treni da 600 metri ma soffre la concorrenza dell'ottimo sistema ferroviario di Koper (Capodistria)».
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