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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 06:41.
Tirrenia va verso l'assegnazione a Compagnia italiana di navigazione (Cin), la cordata composta dagli armatori Gianluigi Aponte (Msc), Manuel Grimaldi (Grimaldi group) e Vincenzo Onorato (Moby), rimasta l'unico soggetto ad aver presentato un'offerta per la compagnia. Ma è subito bufera sul futuro della società statale perché i potenziali acquirenti minacciano già di ritirarsi.
Lo conferma Onorato che si scaglia, promettendo un ricorso alla Ue, contro la decisione della Regione Sardegna di noleggiare due navi da aggiungere alla flotta Saremar (compagnia ceduta dallo Stato alla Sardegna per essere privatizzata), che opereranno, nel periodo estivo, su rotte in concorrenza con quelle di Tirrenia (si veda articolo sotto).
Ieri alle 10 è scaduta la proroga che il commissario straordinario della compagnia statale, Giancarlo D'Andrea, aveva concesso sulla gara per la privatizzazione, con lo scopo di vagliare se vi fossero offerte migliorative rispetto a quella di Cin. Ma nessun altro si è fatto avanti.
L'offerta economica presentata da Cin ammonta a 380 milioni (pari a quanto Banca Profilo ha valutato Tirrenia) e si articola in un esborso in contanti da 200 milioni e il resto in tre rate da 60 milioni ciascuna, che verrebbero versate a seguito dell'incasso dei contributi pubblici previsti per sostenere le rotte di servizio pubblico: 72 milioni l'anno per otto anni. Cin ha anche migliorato l'offerta sotto il profilo tecnico, spiega Ettore Morace, ad della società: «Abbiamo chiarito che non esiste possibilità che i 180 milioni non siano pagati se non a fronte di un mancato versamento dei contributi statali». A questo punto, D'Andrea procederà con l'iter di aggiudicazione di Tirrenia a Cin, che prevede il via libera del comitato di vigilanza sulla privatizzazione e del ministero dello sviluppo economico.
Ma la vicenda è tutt'altro che pacificamente conclusa. «La notizia – dice Morace – che la Sardegna ora voglia fare concorrenza a Tirrenia con una sua flotta di proprietà pubblica è incredibile. I tre azionisti di Cin stanno riflettendo sulla possibilità di fare un passo indietro. Ed è comprensibile, visto che vengono accusati di fare cartello e ora devono fronteggiare anche le mosse della Regione. Il tutto mentre si preparano a investire 380 milioni, in cambio di una flotta di 18 navi, delle quali solo 7 appetibili, e dell'impegno a mantenere 1.400 occupati e le rotte sociali, a fronte del versamento di 72 milioni l'anno, contro i 100-110 di cui in precedenza veniva dotata Tirrenia».
Ancora più duro Onorato: «Stiamo seriamente pensando se non sia il caso di tornare sui nostri passi: Tirrenia ha avuto sempre come interlocutori il governo e la Sardegna. Se quest'ultima vuole prendere il nostro posto con Saremar, compagnia che, tra l'altro, ha avuto in regalo proprio da Tirrenia, la tentazione è di lasciar perdere tutto. Questo, però, aprirebbe la strada al fallimento della società. Il presidente della Regione Cappellacci rischia un formidabile boomerang politico. E comunque vadano le cose noi faremo ricorso alla Ue, perché non possono essere usati soldi pubblici per un'operazione come quella che si sta facendo con Saremar». Intanto Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl chiedono di aprire un confronto sui lavoratori di Tirrenia con il governo e la nuova proprietà.
LA PRIVATIZZAZIONE
18
Le navi
La flotta di Tirrenia è composta da 18 navi. Si tratta di 13 traghetti passeggeri e merci per medie e lunghe percorrenze e cinque navi da carico per le merci. Ma solo sette navi sono davvero di valore
72 milioni
I contributi
Ammontano a 72 milioni di euro l'anno, per otto anni, i contributi statali che andranno alla Tirrenia privatizzata, per consentirle di coprire le rotte di servizio pubblico
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