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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 12:03.
È nuovamente a un passo dal fallimento la procedura per la privatizzazione di Tirrenia. Compagnia italiana di navigazione (Cin), unico gruppo rimasto in pista per l'acquisizione ha tirato il freno sull'acquisto. Nel mirino la concorrenza (sleale, secondo gli acquirenti) di Saremar, la ex controllata sarda di Tirrenia, che lo Stato ha ceduto gratuitamente (con sovvenzioni da 13,6 milioni l'anno per 12 anni) alla Regione Sardegna, con la clausola di privatizzarla.
La Regione, viceversa, ha deciso di gestirla inhouse e di utilizzarla per combattere il caro-traghetti su rotte analoghe a quelle percorse dalla società madre. Una situazione che non va giù agli armatori Aponte, Grimaldi e Onorato, che reggono la Cin.
Lo stop alla procedura, o «pausa di riflessione», come qualcuno preferisce chiamarlo, è arrivato venerdì scorso; ma solo ieri sono emerse le prime indiscrezioni. La data fissata (ufficiosamente) per la firma del contratto fra Cin e il commissario straordinario di Tirrenia, Giancarlo D'Andrea, era il 23 giugno. Con l'idea che l'antitrust italiano potesse dare l'ok alla vendita entro la fine del mese. Poi è entrata in campo l'Europa. Il complesso delle società che stanno alle spalle di Cin, infatti, supera il valore di 5 miliardi euro.
Questo fattore ha spostato verso l'antitrust europeo la competenza ad esprimersi in materia; con tempi più lunghi che fanno slittare la decisione sulla congruità dell'acquisizione di Tirrenia, nella migliore delle ipotesi, alla fine di luglio. Un fattore, tra l'altro, che rischia di compromettere la possibilità che Tirrenia sia gestita privatamente durante questa stagione estiva. Sulla scorta del prolungamento dei tempi, dunque, Cin ha deciso di di schiacciare il pedale del freno.
Quando, venerdì scorso, ha ricevuto dal commissario una lettera con la richiesta di fissare al 23 la data della firma, l'ad di Cin, Ettore Morace, ha risposto dicendo che occorreva una pausa. Quanto definitiva ancora non è chiaro. Ma di sicuro Cin ha fatto capire che sta riflettendo se firmare o meno. In ballo, peraltro, ci sono anche i 20 milioni di fidejussione che Compagnia italiana ha versato a garanzia dell'offerta fatta per Tirrenia: 380 milioni, come prevedeva la valutazione fatta dall'advisor Banca Profilo, con un esborso in contanti da 200 milioni e il resto in tre rate.
Il ragionamento di Cin ora è questo: la valutazione di Profilo non aveva contemplato il fatto che sul mercato irrompesse un concorrente statale, quale, di fatto, è Saremar. A fronte della nuova situazione, si può essere sicuri che il valore di Tirrenia resti di 380 milioni? Secondo Compagnia italiana ovviamente no. E quindi occorre rivedere il prezzo e tutta la procedura. Inoltre Cin vorrebbe un passaggio a palazzo Chigi per avere nuove garanzie dal governo in merito alla concorrenza sarda.
Il commissario, da parte sua, si prepara a incontrare lo staff di palazzo Chigi e dei ministeri dei Trasporti e dello Sviluppo economico per capire come dirimere la situazione. Ma un fatto è certo: se la trattativa con Cin dovesse naufragare, per Tirrenia resterebbe solo il fallimento.
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