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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2011 alle ore 07:34.
Il 2011 si profila come l'annus horribilis dei porticcioli dedicati al diporto. Peggiore perfino del periodo 2009-2010, quando, sul comparto della nautica, sono calati gli effetti della crisi economica mondiale. Si registrano una forte caduta dei transiti; un'alta percentuale (fino al 20%) di barche in vendita, soprattutto nella fascia tra 10 e 20 metri; minori consumi di carburante determinati da un crollo delle uscite e la fuga di barche in Francia, Corsica e Croazia.
Roberto Perocchio, alla guida di Assomarinas, associazione che raggruppa i porticcioli, conferma il momento di difficoltà del settore: «Oltre a un cospicuo numero di barche in vendita nei porticcioli, in alcuni casi fino al 20% di quelle ormeggiate, i marina devono fare i conti con un 10% circa della clientela che è uscita dal mercato. Alcuni clienti sono indotti a spostarsi all'estero; altri sono in difficoltà con i contratti di leasing e subiscono il sequestro degli yacht; altri ancora decidono di lasciare la barca in secca, non riuscendo a mantenerla all'ormeggio».
Paola Piovesana, titolare di Marina punta Faro (Udine), con 1.200 posti barca, non usa mezzi termini: «Il mercato sta andando a catafascio. Abbiamo un buon 10% di barche in vendita e ci sono pochi transiti che arrivano da altri porticcioli. Molti armatori tendono a muoversi poco. Poi c'è la guardia di finanza che fa controlli quotidiani. Noi non siamo contro le verifiche; contestiamo, però, le modalità con cui vengono eseguite: grande dispiego di mezzi e continue visite a bordo. Così il diportista sposta la barca in Croazia, dove è più tranquillo».
Simile il quadro di Gianni Sorci, direttore di Marina di Rimini, con 622 posti barca. «Il riempimento del porto – racconta – nel 2011 segna -5% e su 500 barche ne abbiamo il 20% in vendita. Molti armatori restituiscono gli yacht in leasing. Tanto che abbiamo deciso di fare come il porto di Lavagna, mettendo 150 posti a disposizione delle società di leasing: terremo le barche gratis finché non riusciranno a venderle. Poi ci sono i controlli della Finanza, in seguito ai quali i clienti si spostano in Croazia e Slovenia».
Dall'Adriatico al Tirreno, la prospettiva non cambia. Marina Scarpino, al vertice del porto Carlo Riva di Rapallo (400 posti), afferma: «Quest'anno abbiamo diversi ormeggi vuoti per le barche fino a 12 metri mentre da 15 metri in su abbiamo i posti pieni ma notiamo un utilizzo minore delle barche: le vendite di carburante sono dimezzate». Anche Marina di Varazze (800 posti) segnala una situazione non rosea. «Il 2011 – spiega Giovanna Vitelli, ai vertici di Azimut-Benetti, proprietaria del porto – segna una lieve flessione di fatturato, rispetto al +18% del 2010: non un baratro ma certamente un calo.
Dall'inizio dell'anno abbiamo perso otto contratti annuali e i transiti nei week end sono, in media, di 8-9 barche; un numero basso per luglio: normali sarebbero 20. Devo dire, poi, che i controlli della guardia di finanza hanno raggiunto livelli molto alti, tutti i fine settimana».
A Genova, alla Marina porto antico (270 ormeggi), spiega l'amministratore Andrea Barbagelata, da parte della Finanza «c'è un'invasione fisica della vita in barca. E si potrebbe evitare, visto che si controllano dati già registrati. Tant'è che ci hanno fatto perdere cinque contratti annuali andati in Costa Azzurra. Registriamo inoltre tantissime barche in vendita, circa il 20% e ho posti liberi nella fascia da 12 a 20 metri».
Fabrizio Maglietta, alla guida di Sudcantieri (200 ormeggi a Pozzuoli), aggiunge che «se prima la richiesta di posti era in incremento, ora c'è stato un crollo, che mette in difficoltà anche i nuovi porti in costruzione».
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