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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2013 alle ore 17:02.

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ISTANBUL – Una visione semplicistica (in realtà ingenua) dei mercati sostiene che essi debbano esistere quasi in uno stato di natura. Il mondo ideale, secondo questa stessa visione, sarebbe quello in cui i mercati sono essere liberi di operare senza alcuna interferenza da parte dei governi. In base ad una visione altrettanto semplicistica, la democrazia sarebbe invece un sistema politico in cui le elezioni periodiche e concorrenziali danno al vincitore il diritto di governare senza restrizioni.

La realtà è ben più complessa, ovviamente. I mercati possono funzionare solo all’interno di un quadro legale ed istituzionale che comprenda i diritti di proprietà, l’applicazione dei contratti, il controllo della qualità e delle informazioni e molte altre norme che regolano le transazioni.

Allo stesso modo, se da un lato delle elezioni concorrenziali sono essenziali per qualsiasi sistema democratico, dall’altro l’atteggiamento del chi vince prende tutto rispetto al risultato elettorale, con il potere concentrato nelle mani del vincitore, è incompatibile con la democrazia a lungo termine. Le democrazie che funzionano bene sono radicate su leggi costituzionali complesse e altre norme che separano il potere esecutivo dal potere legislativo e dal potere giudiziario e che proteggono la libertà di espressione, di riunione e dissenso pacifico da parte di chi perde le elezioni.

Le istituzioni normative, come le agenzie di supervisione bancaria e gli enti che monitorano le telecomunicazioni, i prodotti alimentari e le industrie energetiche, svolgono un ruolo essenziale mantenendo il delicato equilibrio tra mercato libero e l’azione dei governi eletti e delle legislature. La banca centrale è forse la più importante di tutte le istituzioni in quanto determina la politica monetaria (e a volte funge da regolamentatore del settore finanziario).

Gli errori normativi e politici che hanno contribuito alla crisi dei mutui subprime, e quindi al quasi-crollo del sistema finanziario statunitense e alle estreme difficoltà dell’eurozona, hanno risollevato la questione dell’ottimizzazione della regolamentazione economica e del suo rapporto con la democrazia. Negli Stati Uniti, una gran parte del Partito Repubblicano è a favore dell’abolizione non solo del Dipartimento dell’Energia e dell’Agenzia per la Protezione Ambientale, ma anche della Federal Reserve! A loro avviso, i mercati e l’iniziativa privata non necessitano di una regolamentazione significativa. Il ruolo della politica, secondo loro, è quello di eleggere una maggioranza che possa abolire le regolamentazioni e gli enti regolatori.

In tutto il mondo ci sono altri oppositori delle istituzioni normative, ma per ragioni diverse. A loro avviso, ad esempio, i politici sono di per sé in grado di portare avanti un processo di regolamentazione e di supervisione senza avvalersi di enti intermediari che godono di un certo grado di autonomia. Questi enti non farebbero altro che impedire e limitare la realizzazione della volontà popolare.

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