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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2013 alle ore 17:02.

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BASILEA – Le banche centrali di tutto il mondo sono impegnate in uno dei più grandi esperimenti politici della storia moderna, quello del denaro ultrafacile. Man mano che l'esperimento va avanti, aumenta però il rischio di fallimento e, quindi, delle devastanti correzioni e dislocazioni economiche che potrebbero derivarne.

Sulla scia della crisi iniziata nel 2007, i tassi ufficiali sono scesi a livelli mai visti, che mantengono ancora oggi; inoltre, sono state adottate misure per ridurre anche i tassi a più lungo termine. Prima d'ora non si era mai visto nulla di simile a livello globale, nemmeno nel periodo della Grande Depressione. Per di più, il bilancio di molte banche centrali ha raggiunto livelli record, pur se attraverso modi diversi e per diverse ragioni, il che sottolinea ulteriormente il carattere sperimentale dell’attuale allentamento monetario.

I rischi insiti in politiche del genere richiedono un’attenta riflessione, soprattutto perché l'esperimento in corso sembra avanzare su un percorso ben noto, che inizialmente ha portato alla crisi.

Sin dal forte allentamento che seguì il crollo della Borsa nel 1987, la politica monetaria è stata utilizzata in maniera aggressiva in ogni crisi economica (o addirittura contrazione prevista), vale a dire nel 1991, 1998, 2001 e, ancor più marcatamente, dopo gli eventi del 2007. Fra l'altro, la stretta ciclica che puntualmente è arrivata dopo era sempre meno aggressiva rispetto all'allentamento precedente. Nessuna sorpresa, quindi, che i tassi ufficiali (sia nominale che reale) si siano attestati sui livelli bassi di oggi.

Si può, naturalmente, obiettare che queste politiche hanno prodotto la "Grande Moderazione", cioè la riduzione della volatilità ciclica, che ha caratterizzato le economie avanzate negli anni precedenti al 2007. Altresì si può dire, però, che ciascun ciclo di allentamento monetario è culminato in una fase di forte rialzo e successiva brusca caduta, detta anche di "boom and bust", a cui è seguito un altro ciclo di allentamento. Con la leva finanziaria e la speculazione che aumentano su base cumulativa, l'intero processo era destinato a sfociare in una politica monetaria meno efficace e in un'economia schiacciata dagli squilibri (o "venti contrari") stratificatisi nel corso degli anni.

L'economista svedese Knut Wicksell aveva sollevato tale problema già molto tempo fa, suggerendo che un tasso d'interesse nominale (fissato dal sistema bancario) inferiore al tasso naturale d'interesse (stabilito dall'economia reale) avrebbe prodotto inflazione. In seguito, gli economisti della scuola austriaca hanno sottolineato che gli squilibri che interessano il lato reale dell'economia ("cattivi investimenti") sono altrettanto preoccupanti.

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