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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 15:47.

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Nel frattempo, pur avendo rafforzato i propri poteri, la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner – succeduta nel 2007 al marito Néstor Kirchner, morto tre anni dopo – non può aspirare al terzo mandato consecutivo perché la costituzione lo vieta. Il fatto di non aver raggiunto la maggioranza dei due terzi in parlamento, necessaria per modificare la costituzione, unitamente al successo dei candidati dell’opposizione nelle recenti elezioni di metà mandato, suggerisce che l'Argentina potrebbe essere pronta per una svolta a destra nel 2015.

E ora veniamo alle differenze. Le politiche economiche dei due paesi divergono su aspetti importanti. In generale, il Cile ha attuato politiche economicamente sagge, talvolta anche con uno spirito innovativo. Ad esempio, i profitti ricavati dal settore del rame, che rappresenta il 13% del bilancio, vengono spesi in base a una pianificazione dei prezzi sul lungo periodo sottoposta a verifica indipendente, con gli eventuali guadagni accantonati in un fondo a cui poter attingere quando i prezzi del rame scendono.

Inoltre, la banca centrale del Cile ha tenuto a freno l’inflazione – ora si aggira intorno al 2% – e il bilancio è quasi in pareggio. Il sistema pensionistico del paese enfatizza il risparmio privato e la responsabilità individuale. Un accordo bilaterale ha favorito un incremento degli scambi commerciali con gli Stati Uniti. E il Cile ha partecipato attivamente ai negoziati per l’accordo commerciale denominato .

A dire il vero, la proposta di Bachelet di aumentare le imposte sulle attività produttive e la spesa sociale, incrementare il controllo governativo sulle pensioni e rivedere la partecipazione del Cile al TPP minaccia di ribaltare gran parte dei progressi fin qui realizzati. Se, però, una volta in carica, tornerà a perseguire una linea più centrista, come nella sua precedente legislatura, il Cile riuscirà a mantenere il suo slancio economico.

D’altro canto, l’Argentina sembra impegnata ad auto-infliggersi sconvolgimenti economici in serie. Con una popolazione che è il doppio di quella cilena, depositi di energia appena scoperti e una capitale molto vivace, l'Argentina ha un potenziale economico enorme. Di fatto, un secolo fa era uno dei paesi più ricchi al mondo, con un tenore di vita paragonabile a quello degli Stati Uniti. Oggi, invece, il reddito pro capite dell’Argentina ammonta ad appena il 40% di quello americano, ed è notevolmente inferiore a quello cileno.

Lo spread attuale tra il tasso di cambio ufficiale e quello del mercato nero – il cosiddetto "Dólar Blue" – si è attestato al 60%. Non sorprende, pertanto, che a Buenos Aires quasi ogni rivenditore esponga i prezzi sia in dollari che in pesos. Questo si spiega in parte con l’inflazione elevata, che analisti indipendenti danno al 25%, più del doppio della stima ufficiale del 10%. Da quando Kirchner ha sostituito il massimo esperto d’inflazione all’Istituto nazionale di statistica nel 2007, le cifre ufficiali sull'inflazione del paese sono notevolmente scese rispetto ad altre stime. (I dati sull'inflazione cilena sono stati anch’essi contestati, anche se in misura molto minore, e l’Istituto nazionale di statistica del Cile è molto più indipendente dal governo rispetto a quello argentino).