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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2010 alle ore 14:20.
L'ultima modifica è del 15 maggio 2010 alle ore 11:51.

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Jean Claude Trichet (Foto Ansa)Jean Claude Trichet (Foto Ansa)

Continua il deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro. In una seduta la moneta unica ha rotto prima il supporto a 1,25 per poi scendere ulteriormente sotto 1,24 nei confronti della moneta Usa. L'euro si è indebolito anche nei confronti di yen e sterlina mentre è rimasto stabile sul franco svizzero.
Le vendite sono partite all'apertura dei mercati europei e hanno trovato impulso, tra l'altro, nella notizia secondo cui il presidente francese Nicholas Sarkozy

avrebbe minacciato l'uscita della Francia dall'Unione monetaria se la Germania non avesse accettato il piano di aiuti alla Grecia. La notizia è stata riferita da El Pais che riporta quanto ha raccontato il premier Luis Zapatero (presidente di turno dell'Unione europea) ai colleghi di partito dopo l'Ecofin di venerdì scorso a Bruxelles a livello di capi di Governo. Di fronte alle resistenze della Germania, Sarkozy avrebbe battuto il pugno sul tavolo minacciando l'uscita del suo paese dall'euro, costringendo così il cancelliere tedesco, Angela Merkel ad appoggiare il piano di salvataggio della Grecia. Spagna e Italia, secondo El Pais, avrebbero fatto fronte comune con il presidente francese. A metà giornata Madrid e Berlino hanno smentito ufficialmente la ricostruzione del quotidiano iberico e l'euro ha recuperato toccando di nuovo quota 1,25 dollari.

Ma è durata poco: a metà pomeriggio la moneta unica ha virato con decisione verso il basso, rompendo il supporto a 1,24 dollari fino al minimo di 1,2356 per poi riavvicinarsi a 1,24. Un calo che al di là dei valori assoluti è di poco superiore all'1% rispetto alla chiusura Bce di ieri ma che diventa più significativo se si pensa che solo lunedì scorso il cambio fissato dalla Bce era stato 1,2969. A determinare l'ulteriore perdita di valore dell'euro sono stati alcuni dati macroeconomici americani (indice di fiducia del Michigan, produzione industriale e le vendite che hanno registrato il maggior incremento da novembre grazie al settore auto) da cui emerge il migliore stato di salute dell'economia statunitense rispetto a quella dell'area euro. Ciò ha spinto gli operatori a immaginare che si stia avvicinando l'aumento dei tassi di interesse da parte della Fed e dunque a spostare capitali sul dollaro.

Un contesto completamente diverso da quello dell'eurozona dove, al contrario, i piani di rientro dal deficit e dal debito messi a punto da alcuni stati membri fanno temere per la ripresa dell'economia, già molto timida, e per la tenuta della moneta unica. In questo quadro, ogni piccolo movimento non fa che alimentare la turbolenza. Da Moody's che minaccia un nuovo downgrading del debito greco, al ceo di Deutsche Bank, Josef Ackermann, che ha mostrato molto scetticismo sulle capacità di Atene di far fronte agli impegni.
Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, intanto, ha prefigurato una sorta di 'polizia dell'euro' che veda tutti i Paesi di Eurolandia impegnati nel ruolo di sorveglianza per prevenire crisi finanziarie come quella innescata dal caso Grecia.

L'episodio Sarkozy-Merkel, inoltre, al di là delle smentite, mette in evidenza la tendenza a tentare di imporre interessi particolari nazionali su quelli collettivi, proprio quando sarebbero necessarie massima compattezza e massima coesione tra i governi per consentire alla Ue di compiere il salto di qualità nel coordinamento delle politiche economiche. I mercati ne prendono atto e il barometro della fiducia si sposta verso il brutto. Ma così si rischia di generalizzare, facendo l'errore di considerare Portogallo e Spagna al pari della Grecia.

Il corretto cambio dell'euro
Detto questo, è bene ricordare molti dei ragionamenti fatti nei giorni scorsi sul corretto rapporto di cambio dell'euro rispetto alle altre principali valute. Per esempio, utilizzando modelli che sfruttano variabili quali, per esempio, il deflatore del Pil (cioè il rapporto tra Pil nominale e quello reale), il costo del lavoro per unità di prodotto e l'inflazione core, secondo Roberto Mialich, esperto valutario di UniCredit, risulta «che un valore equo dell'euro dovrebbe essere situato nell'intervalo tra 1,12 e 1,17 dollari». Quindi, al di sotto dell'attuale quotazione.
Ad una conclusione analoga si giunge se si tiene conto della parità di potere d'acquisto: «I valori espressi ora dal mercato non sono molto distanti dal range in cui dovrebbero essere» ha affermato Dante Roscini, docente al corso al MBA della Harvard Business School di Boston.
Senza contare i benefici per la competitività delle merci dell'area euro nel resto del mondo, di cui gli effetti positivi si sono già fatti sentire sul Pil italiano nel primo trimestre di quest'anno.

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