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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 13:34.

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Piccolo passo avanti della proposta europea di «misure di risoluzione delle insolvenze bancarie». Con l'accordo di principio sancito giovedì dal Consiglio europeo del 17 giugno, Bruxelles prosegue sul sentiero della 'exit strategy' per rientrare, progressivamente, dal regime di copertura illimitata dei fallimenti bancari da parte degli stati sovrani. È questo il senso della proposta avanzata dal commissario Ue al mercato interno, Michel Barnier, e avallata ieri dal Consiglio in vista del G-20 del 26 e 27 giugno a Toronto, dove la UE si presentarà anche con una proposta di imposizione sulle transazioni finanziarie.

Con la creazione di fondi di garanzia nazionali per le insolvenze bancarie, Bruxelles si pone tra l'altro l'obiettivo di armonizzare, non solo in sede europea, le misure di protezione dei risparmiatori, trasferendo il peso delle garanzie - che da quando è scoppiata la crisi pesano sui conti dei governi e quindi sui contribuenti - sulle banche e sui loro azionisti.

In Italia l'idea del 'blanket coverage', la garanzia totale, dei depositi bancari in caso di fallimento della banca è stata introdotta a ottobre 2008 con il decreto salva-banche poi trasformato in legge. In pratica la garanzia è stata estesa all'intero importo depositato da ciascun risparmiatore, con qualsiasi strumento. È stato superato, quindi, il limite di 103 mila coperto sino ad allora dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.

«La crisi greca - spiegano i vertici dello European forum of deposit insurer - ha rafforzato la capacità di decisione della Ue e ha accelerato il processo di superamento delle garanzie statali, senza per questo perdere la tutela dei risparmi». Uno dei passaggi «fondamentali» della nuova disciplina che si prospetta è l'introduzione del concetto di 'bridge bank', la banca ponte, che potrà essere finanziata con la rete di fondi Ue che, a loro volta, saranno finanziati dalle banche. «Il concetto di banca ponte è mutuato dalla legislazione americana - spiegano le fonti - e in Italia consentirebbe una gestione più facile delle crisi bancarie trasferendo gli asset ad una nuova entità giuridica, la bridge bank appunto, che non è prevista dal nostro diritto fallimentare. Sarebbe più agevole il passaggio dalla amministrazione straordinaria alla liquidazione coatta amministrativa, evitando di depauperare eccessivamente gli attivi della banca in fallimento».

La comunicazione di Barnier si innesta nel processo di modifica della direttiva sui sistemi di garanzia di tutela dei depositi avviata dalla commissione europea che dovrebbe definire entro luglio prossimo gli emendamenti, costituendo il primo tassello del nuovo quadro comunitario. Barnier si è poi impegnato a presentare entro ottobre «proposte piu' dettagliate per la gestione delle crisi».

La direttiva comunitaria sulla tutela dei depositi modificherà innanzitutto la modalità di finanziamento dei fondi di garanzia. La discussione è se finanziare i fondi con un meccanismo ex post, come il fondo interbancario italiano che scatta immediatamente dopo il fallimento di una banca con l'intervento di tutti gli altri istituti che aderiscono al fondo, oppure con un sistema ex ante che prevede il finanziamento progressivo di uno strumento che, secondo alcune stime, per l'Italia potrebbe arrivare a cirfca 8 miliardi di euro. «Su questo punto c'è un confronto serrato tra gli istituti di credito e le istituzioni comunitarie: i primi vogliono ridurre al minimo il peso di questi nuovi oneri sui bilanci le seconde vogliono dare un segnale di garanzia e di equità ai risparmiatori. Ma bisogna anche evitare che oneri eccessivi si trasferiscano ai clienti attraverso le commissioni». Un'ipotesi di mediazione è il modello francese misto.

L'altro punto di «confronto» è sui tempi per l'attivazione dei rimborsi. Oggi in caso di fallimento di una banca i fondi di garanzia hanno 20 giorni di tempo per rimborsare i clienti: la Commissione e l'Europarlamento vogliono portare a 3 giorni il limite per i rimborsi. In discussione, infine, i criteri di analisi del rischio che oggi sono nazionali e che dovranno essere armonizzati, anche perchè da questi dipenderà, in parte, la definzione del contributo di ciascuna banca al fondo di garanzia.

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