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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 07:47.
Undici dei 20 maggiori fondi obbligazionari italiani per patrimonio netto a fine 2009 avevano in pancia bond o liquidità di società dello stesso gruppo della Sgr, sempre di emanazione bancaria, con percentuali di titoli comprese tra lo 0,51 e il 4,29% del patrimonio, mentre la liquidità disponibile su conti correnti aperti nella capogruppo arrivava sino al 7,81% del patrimonio. Una dimostrazione dei legami, spesso molto stretti, tra scelte dei gestori ed esigenze delle capogruppo. In media, questi 11 fondi avevano collocati in titoli "della casa" l'1,1% del patrimonio netto.
Il dato emerge da un'analisi di «Plus24» sui bilanci dei 20 Oicr delle sottocategorie Euro Governativi Breve Termine, Euro Governativi Medio/Lungo Termine, Euro Corporate Investment Grade, Internazionali Governativi e Internazionali Corporate Investment Grade, con un patrimonio netto cumulato di 43,34 miliardi, pari a quattro quinti delle masse gestite dai 102 fondi delle sottocategorie in esame.
Queste scelte non pare abbiano penalizzato i rendimenti. I fondi che avevano in portafoglio titoli del gruppo hanno battuto il benchmark annuale in 9 casi su 11, mentre degli altri 9 senza titoli del gruppo solo 3 sono riusciti nell'impresa. Ciò non significa che questa strategia sia priva di costi. «Plus24» lo aveva spiegato il 7 agosto: secondo la Consob, che ha analizzato le obbligazioni emesse dalle banche italiane nel biennio luglio 2007-giugno 2009, i profili di rischio emittente e di mercato dei bond bancari sono superiori a quelli dei titoli di Stato di rating analogo; solo il 9% delle emissioni (pari al 30% in termini di valore) sono liquide; a parità di altri fattori, i bond bancari rendono meno dei titoli di Stato italiani e discriminano i risparmiatori rispetto ai clienti istituzionali: «I rendimenti offerti agli investitori istituzionali sono superiori, rispetto a quelli offerti agli investitori retail, in media di circa 90 punti base per le obbligazioni a tasso fisso e di circa 100 punti base per le obbligazioni a tasso variabile», scriveva la Commissione.
A livello di singole Sgr, la policy di Ubi Pramerica prevede "il divieto ai gestori di tutti i portafogli in gestione di acquisti e vendite di strumenti finanziari emessi da società del gruppo". I valori relativi alla liquidità disponibile nei confronti del gruppo Ubi Banca sono costituiti dai conti correnti dei fondi comuni aperti presso la stessa Ubi Banca in qualità di banca depositaria. Ma dal 29 maggio scorso la banca depositaria è diventata Rbc Dexia. Amundi (ex Credit Agricole Asset Management) a giugno non aveva più alcun titolo emesso da società del gruppo, pur restando il vincolo di non superare il 5% su titoli sotto i due anni. Per quanto riguarda titoli emessi da società di gruppo, Amundi ha ulteriori limiti all'investimento in bond che sono stabiliti dal Cda.
Quanto a Carige, c'è un deciso calo percentuale tra fine 2009 e giugno dei titoli propri (da 0,91% a 0,47% per Monetario Euro e da 0,91% a 0,64% per Obbligazionario Euro). Un trend che per la Sgr è dovuto in parte all'aumento delle masse complessive per le nuove sottoscrizioni e in parte alla normale rotazione degli strumenti decisa dai gestori. La Sgr spiega che «gli strumenti del gruppo vengono valutati non difformemente da quelli emessi da altri gruppi bancari italiani e inseriti nei portafogli in funzione di usuali valutazioni di opportunità/rischio». Calo segnato anche da Pioneer: al 7 settembre 2010 nel fondo Pioneer Monetario Euro, il maggiore tra quelli esaminati con un patrimonio netto di quasi 10,5 miliardi, il peso dei titoli del gruppo UniCredit è sceso da 0,98 a 0,54 per cento.
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