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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 09:54.

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Portafoglio low cost usando le «repliche» (Marka)Portafoglio low cost usando le «repliche» (Marka)

Quando si organizza un portafoglio d'investimenti è sempre difficile azzeccare le scelte giuste. Lo è per tutti, per il privato risparmiatore che fa da sé come per l'operatore istituzionale o professionale. Ciò dipende da molti fattori, non solo esterni. Nel caso del singolo individuo, la composizione del portafoglio avviene spesso per "stratificazioni" successive e un po' casuali, man mano che si vengono a formare disponibilità da impiegare. Inoltre, nel tempo si modificano le esigenze del risparmiatore e, naturalmente, il contesto di mercato (ciò, tra l'altro, a una velocità sempre maggiore). Questo avviene, appunto, di norma; ma tanto più il quadro si complica quando si attraversano fasi di mercato particolarmente travagliate.

In questi mesi il parcheggio delle risorse in liquidità rappresenta una strategia molto diffusa tra i risparmiatori. Si tratta di una soluzione che contiene i danni dovuti alla volatilità delle Borse e permette di stare alla finestra in attesa di tempi migliori.
Ma c'è un ma, anzi più d'uno. Il parcheggio ha senso se ha una durata limitata nel tempo. Se invece si prolunga troppo, rischia di trasformarsi in un errore, sia in termini di mancati guadagni sia in termini di opportunità perse. Inoltre esiste un punto di domanda: l'inflazione riprenderà a correre? È questa la vera nemica degli impieghi liquidi e dei "parcheggi", conti correnti in prima fila, che quasi sempre sono a tasso zero e, anche quando offrono un rendimento, in termini reali si tratta di percentuali da prefisso telefonico. Meglio guardarsi intorno, dunque, prendendo decisioni meditate.
Tuttavia, ciò non significa affatto affannarsi intorno alle vicissitudini quotidiane dei listini azionari, dei bond o delle commodities. L'errore più frequente di chi investe i suoi sudati risparmi è proprio quello di correre dietro ai cambiamenti, arrivando fatalmente tardi, modificando di continuo l'asset allocation e facendo così diventare il portafoglio una specie di tela di Penelope. Investire richiede chiarezza sugli obiettivi a lungo termine che s'intendono raggiungere, nervi saldi e lucidità.
Premesso che la garanzia di guadagnare non esiste (se qualcuno la promette, meglio scappare a gambe levate), una soluzione da non trascurare è rappresentata da quello che si può definire "portafoglio low cost". In un contesto caratterizzato da tassi e rendimenti bassi (come quello attuale, che sembra destinato a non modificarsi nel breve periodo), la leva dei costi assume infatti rilevanza decisiva, tanto più quando gli orizzonti temporali sono lunghi. Scegliere prodotti efficienti con commissioni contenute (ed evitare di apportare continue modifiche all'asset allocation, con gli oneri a queste connessi) può effettivamente fare la differenza.

In questo caso le possibilità di scelta non mancano e sono alla portata di tutti, sia per la facilità di compravendita sia per le contenute soglie di ingresso. I più efficienti strumenti d'investimento low cost sono gli Etf (Exchange Traded Funds) e gli Etc (Exchange Traded Commodities), che consentono d'investire in tutti i mercati e i settori azionari e obbligazionari (i primi) e nelle principali materie prime e nei metalli preziosi (i secondi).
Resta, naturalmente, il solito nodo gordiano: la valutazione del proprio profilo di rischio e l'organizzazione di una asset allocation coerente (qui a fianco proponiamo un semplice test per farsi una prima idea generale delle proprie caratteristiche). A prima vista, organizzare un portafoglio coerente con i propri bisogni e progetti sembra una questione tutto sommato banale; in realtà non è affatto così. Quando si tratta d'investire i risparmi, nulla va sottovalutato e se qualcosa sembra troppo semplice, meglio non fermarsi all'apparenza e approfondire.
Ultima regola generale: la scelta più efficiente è sempre la chiarezza. Tradotto in pratica, ciò significa che, in linea generale, per comporre un buon portafoglio familiare vanno privilegiati gli strumenti più semplici e facilmente liquidabili, quelli che lasciano capire con immediatezza - senza formule astruse - dove investono, quanto costano e quanto rendono. L'altro pilastro di un buon portafoglio è rappresentato dalla diversificazione (per asset class e per emittenti o gestori), secondo il vecchio detto: meglio non mettere tutte le uova nello stesso paniere.

Una volta chiarite le idee su questi punti fondamentali, le possibili soluzioni non mancano. Limitandosi al circuito di Piazza Affari, gli Etf quotati sono 463, a cui si aggiungono 67 Etc: uno schieramento imponente, a testimonanza del gradimento manifestato dagli investitori. I cosiddetti "cloni", infatti, sono stati protagonisti - nel mondo e in Italia - di una storia di successo. Il loro debutto risale alla fine del secolo scorso, ma quello che più impressiona è la velocità con la quale i prodotti si sono moltiplicati.
Oggi la gamma degli Etf quotati in Piazza Affari è dunque estremamente completa e consente di realizzare portafogli molto segmentati e sofisticati, ben al di là delle esigenze di un normale risparmiatore. Meglio però non farsi ingolosire troppo e rifuggire dagli elementi di eccessiva complicazione, che tra l'altro richiedono la conoscenza di mercati e settori a volte molto specifici.

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