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Il giorno più lungo di Profumo: fiducia piena o di dimissioni. Giù il titolo UniCredit in Borsa

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2010 alle ore 07:57.

I grandi soci di UniCredit puntano sulle dimissioni dell'amministratore delegato Alessandro Profumo che però, fino a ieri sera, era invece intenzionato a resistere. La resa dei conti avverrà già oggi pomeriggio, in un consiglio di amministrazione straordinario convocato ieri d'urgenza dal presidente Dieter Rampl. A Piazza Affari stamane all'apertura delle contrattazioni tonfo del titolo Unicredit. Le consultazioni effettuate nelle ultime 48 ore da Rampl con i grandi azionisti e con i membri del board sembrano aver prodotto un'ampia maggioranza pronta a sfiduciare Profumo. L'accusa: un eccesso di autonomia, di cui il caso-Libia è solo l'ultimo tassello.

Tanto che ieri sera, anche all'interno della sede di Piazza Cordusio, si dava ormai per scontata l'uscita di scena del manager che da quindici anni guida il gruppo. Ma che negli ultimi giorni, dopo le forti tensioni con Rampl sulla gestione del caso Libia (salita dal 4,9% al 7,5%), sarebbe stato abbandonato anche dal vicepresidente Fabrizio Palenzona, influente rappresentante della Fondazione Crt nel consiglio di UniCredit. Gli incontri e le consultazioni nel week end non avrebbero scalfito l'idea della maggioranza dei consiglieri di sfiduciare Profumo che, però, ieri non ha confermato l'ipotesi di dimissioni. «Non so ancora come andrà a finire», ha detto in tarda serata ai suoi collaboratori.

In mattinata, il banchiere aveva partecipato a Milano a un convegno dell'Aspen Institute a cui era presente anche il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Uscendo, ha ostentato tranquillità: «Vado a mangiare». Nel pomeriggio, Profumo è rimasto in banca. Per poi uscire alle 20, diretto al Teatro del Verme dove era in programma un concerto in memoria di Giorgio Ambrosoli, assassinato nel 1979 mentre lavorava come commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona. «Sono sereno», si è limitato a dire Profumo ai giornalisti, entrando a teatro dove lo attendeva la moglie Sabina Ratti. Per il banchiere, una giornata apparentemente normale. Quasi a dissimulare, esteriormente, la forte irritazione per l'inatteso appoggio del board a Rampl. Grande tensione e preoccupazione anche tra i grandi azionisti, impegnati a mantenersi compatti in vista di un consiglio di amministrazione che, in assenza di dimissioni preventive da parte di Profumo, potrebbe portare a una conta lacerante.

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A determinare la clamorosa decisione del board, guidato da un Rampl che ormai non nasconde di non avere più fiducia in Profumo, è stata la gestione del dossier-Libia. Gli acquisti effettuati a fine luglio, pare tramite la divisione mercati di UniCredit, sono avvenuti all'insaputa del consiglio e dello stesso Rampl. «Non li ho invitati io», si è difeso Profumo pochi giorni fa, ribadendo anche in sede di comitato governance la necessità di riservatezza dell'operazione ai sensi della legge sul market abuse. «Profumo è sicuramente un manager di alto livello, ma questa vicenda l'ha gestita un po' in proprio – commentava ieri mattina il sindaco di Verona Flavio Tosi – e chi sbaglia, paga». Opinione che sembra condivisa da molti soci, anche tedeschi e privati (Maramotti), e non solo dalle Fondazioni. Aldilà del caso specifico, l'eccesso di autonomia del manager è stato più volte oggetto di dure critiche da parte di Rampl, che già si era lamentato pochi mesi fa per essere stato tenuto all'oscuro nel caso dell'ingresso del fondo di Abu Dhabi Aabar (4,9%).

La novità, rispetto alle tante tensioni emerse nei mesi e negli anni passati, è che stavolta – nello scontro tra Profumo e il presidente "di turno" di UniCredit – i grandi soci si sono schierati in maggioranza con Rampl. O almeno questa è l'alleanza tattica che, per il momento, serve per allontanare Profumo. Tanto che, secondo le indiscrezioni, il board che oggi discuterà il caso-Profumo affiderà poi le deleghe del chief executive officer temporaneamente allo stesso Rampl e ai quattro deputy ceo: Roberto Nicastro (retail), Sergio Ermotti (corporate e investment banking), Paolo Fiorentino (global services) e Federico Ghizzoni (banche del Centro Est Europa).

Un assetto necessariamente transitorio. Con Rampl già impegnato nella ricerca del successore di Profumo, entro poche settimane. Ma più probabilmente, entro pochi giorni. Perchè il mercato difficilmente tollererà a lungo la vacatio di poteri al vertice, oltretutto in una fase difficile per i conti del gruppo. E alla vigilia (inizio novembre) dell'avvio del progetto «banca unica», che porterà alla fusione di sette banche controllate e alla riorganizzazione di UniCredit in Italia secondo un modello più vicino al territorio. Nel caso di una scelta interna, il toto-nomine punta su Nicastro che, oltre a guidare il retail, è stato anche responsabile dell'Est Europa e ha una profonda conoscenza del gruppo. Ma è probabile che prima di decidere, Rampl e il board intendano anche valutare candidature esterne. Non facili da trovare, data la complessità di un gruppo che è presente in 22 Paesi.

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